Il Patriarcato di Aquileia è in teoria, la più classica delle monarchie medioevali. La sua fonte di autorità e di potere deriva da Dio, la cui volontà si esprime attraverso gli anziani ed il popolo, ai quali spetta la scelta del loro Vescovo. Con il passar del tempo, sia l'Imperatore, sia il Papa, a seconda di chi ha più forza al momento, finiscono per nominare direttamente il Patriarca. Ricevuta la comunicazione del preposito del Capitolo aquileiese circa il nome del prescelto, il Papa, previa una somma non lieve per le casse del Patriarcato, invia la bolla di nomina e, all'eletto fa rimettere da un arcivescovo o da un cardinale il pallio dell'autorità metropolitica e l'anello episcopale. Se non è già vescovo, il nuovo Patriarca viene consacrato, secondo un'antica usanza, dall'arcivescovo di Milano.
Le origini del Patriarcato non sono per nulla tranquille mostrando una fede serena: sono invece nel mezzo di una lotta teologica ed ideologica che continuerà anche nei secoli successivi. Fin dall'inizio vi hanno sede tutte le correnti del cristianesimo: in un bassorilievo, Pietro e Paolo sono raffigurati contrapposti l'uno all'altro, a muso duro, come due lottatori.
Tra il III e IV secolo, la città ebbe una nuova carica culturale, legata a convinzioni religiose profonde. Così rinacquero gli interessi storici e letterari, legati anche alle questioni dottrinali. Nel IV secolo si maturò anche l'architettura cristiana primitiva di Aquileia e la ricchezza dei suoi mosaici pavimentali riflettono una notevole sensibilità artistica; vi si nota un sincero impegno religioso e culturale a tutti i livelli. Così appare l'opera letteraria di Rufino o di Cromazio che indica moralità, religiosità, rispetto per la socialità del popolo aquileiese.
Nel concilio di Forum Iulii (Cividale) del 796 si prescrive la festività della domenica, distinta però dal sabato, pur con l'astensione dal lavoro. Questa astensione era ben radicata e lo dimostrano i decreti del 1499 e del 1603. Siccome non era ammissibile che questa consuetudine si fosse diffusa appena durante il IV o V secolo, quando vigeva un'opposizione a tutto quanto c'era di giudaico, è certo che quest'uso (cui si può aggiungere la venerazione per una certa "Santa Sàbida" o Sancta Sabbata) avesse una primitiva matrice giudaica, facilmente comprensibile in una città cosmopolita come Aquileia. La maturazione cristiana non si sarebbe staccata molto presto da questa usanza. Lo stesso cristianesimo sembrava anche essere imbevuto dall'ebraismo alessandrino. Lo prova la presenza del Vescovo Atanasio d'Alessandria nel 345.
La cultura aquileiese non è facilmente comprensibile per il fervore di idee e di contradditori di carattere filosofico. La città, centro commerciale ed industriale, politico e militare, cui l'ebraismo sembrava inizialmente non tanto diverso dal cristianesimo, accettava anche culti misteriosi, come ad esempio quello di Mitra ed altri culti locali. Ma questo, dopo il 250, coincise con l'inizio di un episcopato regolare, che eliminò tutte queste credenze.
I più antichi mosaici cristiani d'Aquileia, legati al nome del Vescovo Teodoro, portano ad una posizione dottrinalmente impegnata, in linea anche con l'ortodossia., che prende il significato di corretta dottrina (da non confondere con Chiesa ortodossa, nata da uno scisma). La forma particolare del Credo od Ordo symboli di Aquileia, come riferito da Rufino, contiene formule antiche, che quando, verso la metà del terzo secolo, fu rielaborato divenne definitivamente ortodosso.
Il catalogo dei Vescovi della Chiesa d'Aquileia inizia con Ermacora, continua con quelli di Ilario, di due Crisogono, per giungere infine a Teodoro, Vescovo tra il 308 e il 319. Questo fu il primo Vescovo che sedette sulla cattedra di Aquileia dopo il rescritto di Costantino del 313, con cui si concedeva libertà al cristianesimo. E' lo stesso Vescovo che, assieme al Diacono Agatone firma gli atti del Concilio di Arles del 314 e che ha legato al suo nome i mosaici pavimentali delle due aule che egli volle ricostruire. In ambedue si trova infatti la stessa formulazione: THEODORE FELIX.
L'inizio dell'episcopato di Ermagora dovrebbe corrispondere alla metà del III secolo, che si pensa sia stato il periodo decisivo per la reazione ortodossa. Prima di Teodoro, tutti i nomi dei Vescovi d'Aquileia sono presenti nel Martirologio e nelle Passiones che riguardano i martiri. I più noti sono Ilario e Taziano (morti sotto Domeriano, 284), Canzio, Canziano, Canzianilla (morti sotto Diocleziano e sepolti a San Canzian d'Isonzo, 303-304) e Proto, Ermacora e Fortunato, Crisogono. Che i martiri fossero ornamento e decoro della Chiesa, Cromazio lo ribadisce spesso nei suoi sermoni.
Aquileia ha bisogno di costruirsi una storia propria nella quale vantare le sue origini. E la trova dapprima nella figura di Ermacora, vescovo martire con episodi miracolosi e di pietà. Ma Ermacora non è abbastanza "autorevole". Ci vuole qualcuno più prestigioso. E se i primi cristiani vengono da Alessandria, perchè non pensare che il loro evangelizzatore sia venuto pure lui ad Aquileia? Marco è dunque incontestabilmente autorevole e la tradizione vuole che sia l'evangelizzatore di Alessandria, ivi catturato e messo a morte, colui che ha dato origine ad Aquileia. Se i cristiani di Aquileia vengono dalla chiesa madre di Alessandria, allora Marco è il loro padre spirituale.
Al Vescovo Teodoro (308-319 c.a) successero Agapito e Benedetto, con i quali si giunge al 342. In questo periodo, ad Aquileia, oltre ai contraccolpi delle vicende politiche e militari seguite alla morte di Costantino, si intrecciarono le accese polemiche, provocate dall'eresia ariana, condannata nel 325 dal Concilio di Nicea. Il Vescovo di Aquileia, Fortunaziano (342-369), fu eletto in coincidenza con gravi tumulti scoppiati proprio negli edifici di culto aquileiesi e durante il Concilio di Sardi, (oggi Sofia) del 343, dove egli sottoscrisse gli atti contro gli ariani. Nel 345 Fortunaziano ospitò ad Aquileia Atanasio di Alessandria, che predicava l'ortodossia e lottava contro l'arianesimo. In questo periodo fu costruta una nuova grandiosa basilica. Ma Fortunaziano non fu sempre coerente con se stesso: nel 358, assieme ad altri Vescovi, sottoscrisse il credo ariano di Sirmio.
Valeriano (369-387/388) succeduto a Fortunaziano, fece uscire la chiesa di Aquileia da questa posizione ambigua: mentre Milano è ancora ariana, Aquileia acquista un ruolo importante tra le chiese dell'Italia settentrionale, non solo, ma anche in quelle adriatico-danubiane, del Norico e della Pannonia. Nel Concilio convocato da Papa Damaso a Roma (369-371), Valeriano appare come il capo degli ortodossi contro gli ariani, facendo in modo che Aquileia divenga un nodo primario, sia gerarchico che politico.
Nel 375, ad Aquileia l'arianesimo era sradicato, e Gerolamo riconosce ai clerici aquileienses i meriti per il loro zelante esercizio della fede.
Grazie a questa vigorosa azione in favore dell'ortodossia, nel 381, Aquileia divenne sede di un Concilio con la presenza di Valeriano stesso, ma guidato da Ambrogio da Milano (339-397), alla presenza dei Vescovi della Dalmazia, dell'illiria e della Provenza. L'Imperatore, pur convocando il Concilio, dissuade, con una sua lettera, i Vescovi dell'Oriente dal parteciparvi. Ad Aquileia arrivano cosi' solo 35 Vescovi dell'area padano-danubiana-adriatica. Essi, condannando Palladio di Raziaria, Secondiano di Singiduno ed un prete di nome Attalo, eliminano gli ultimi focolai ariani ancora attivi nelle regioni ad oriente dell'Italia. Fu proprio in occasione di questo Concilio, che furono inviate agli Imperatori quattro lettere sinodali. Una di queste conteneva l'indicazione della fedeltà e del rispetto verso la Chiesa d'Alessandria. La presenza determinante di Ambrogio al Concilio sancisce anche l'affermarsi di Milano come metropoli dell'Italia settentrionale anche in campo ecclesiastico. Proprio in quell'anno infatti, l'Imperatore d'Occidente sceglie Milano, anzichè Treviri, come sua sede. Ed è qui che inizia la vera decadenza di Aquileia, perchè viene lasciata in disparte nel riordino delle città imperiali, perchè troppo esposta geograficamente ad est e poco difendibile.
A Valeriano successe Cromazio (388-408), eletto anche per l'ascendente di Atanasio di Alessandria. Il suo nome è soprattutto legato ai 45 sermoni e ad un Commento al Vangelo di Matteo. Attraverso questi testi, Cromazio espone la sua dottrina, che si fonda sull'insegnamento dei padri della chiesa occidentale. Egli predica un ideale di carità, che dovrebbe animare la sua chiesa e gli aquileiesi tutti, ed invita con forza alla concordia ed alla unanimità. Davanti a lui, alla sua santità si sfaldò la virulenza di Gerolamo con la sua aggressività nei confronti di Rufino. Quest'ultimo soggiornò a lungo ad Aquileia dove scrisse numerose opere ed altre ne tradusse dal greco. Documento è il suo Commentario sul Simbolo e le Benedizioni dei Patriarchi, scritte subito dopo la sua partenza da Aquileia (408), dovuta con ogni probabilità alla morte di Cromazio ed alla contemporanea incursione di Alarico. Anche Rufino mette in risalto l'importanza di Cromazio come costruttore dei valori spirituali di Aquileia.
In questo periodo, sorsero molti nuovi edifici: la nuova basilica cattedrale, costruita sopra l'aula meridionale di Teodoro e completata con un solenne battistero ottogonale; la basilica di Monastero, legata ad una comunità monastica; quella di Beligna, martiriale e dedicata al culto delle reliquie degli apostoli; quella di San Felice, quella di Sant'Ilario e quella di San Giovanni in Piazza o in Foro.
Ai tempi di Cromazio sono anche frequenti gli scambi con l'Oriente, che portò numerosi vantaggi ad Aquileia. Bisogna anche ricordare che alla regione ecclesiastica aquileiese appartenevano i municipi di Trieste, Concordia, Zuglio (Iulium Carnicum), Cividale (Forum Iulii) e che in quel periodo furono smembrati in favore di un'organizzazione episcopale autonoma, salva restando l'autorità metropolitana di Aquileia. La giurisdizione aquileiese comprendeva una ventina di vescovadi in Italia ed un'altra decina oltre le Alpi.
Durante il V secolo, Alarico cinse d'assedio la citta' per ben due volte (401-402 e 408) ed Attila la saccheggiò nel 452. Dopo le devastazioni di Attila e dei suoi Unni, la responsabilità di assicurare lo sviluppo civile e culturale di Aquileia venne assunto dalla Chiesa. Successivamente vi fu il passaggio di Teodorico e, nel 489 la battaglia con Odoacre. Seguirono l'occupazione bizantina nel 552 e l'invasione longobarda del 568 e quella franca del 774. Ulteriori distruzioni avvennero nel IX e X secolo da parte degli ungari.
Ma ritorniamo nel 407 quando, per la precarietà della situazione politica, Agostino fece costruire il castrum di Grado, dove il Vescovo talora si recava. Infatti, quando il porto di Aquileia divenne inagibile perchè fortemente interrato, Grado la sostituì a tutti gli effetti, e divenne oltremodo importante quando il Vescovo portò in questo rifugio il popolo aquileiese, assumendo su di sè tutta la responsabilità e l'autorità.
Lo spostamento della sede imperiale da Milano a Ravenna, avvenuta nel 402, accrebbe l'importanza di tutto l'alto Adriatico, perchè qui l'Imperatore andava spesso per garantirsi contatti più sicuri con l'Oriente. Aquileia accolse, ma solo saltuariamente , la Corte imperiale. L'ultimo Imperatore a soggiornarvi fu Valentiniano III, nel 425.
Ad Agostino seguirono vari Vescovi: Ianuario o Gennaro (+ nel 447), Niceta, che cercò di ricostruire dopo i gravi danni prodotti dal passaggio di Attila, Marcelliano (+504) che si adoperò a ripristinare gli edifici di culto estremamente danneggiati. Opere di ricostruzione e di abbellimenti furono fatte eseguire da Giustiniano nel 552 dopo che Narsete tolse Aquileia e Grado ai Goti.
Le gravi traversie del V secolo rinfocolarono la consapevolezza degli aquileiesi di appartenere ad una chiesa importante, di essere depositari di una tradizione di fedelta', ancorata nell'ortodossia.
Nel 557, in occasione di un Concilio provinciale, opponendosi ai deliberati del II Concilio ecumenico di Costantinopoli (553), Aquileia, insinuando l'origine apostolica della propria chiesa, sostituì in pratica l'autorità di Roma con la proclamazione di un'origine fondata sulla predicazione apostolica. Potè così autorizzare l'assunzione del titolo patriarcale, che infatti i Vescovi di Aquileia cominciarono ad assumere fra il sesto e settimo secolo. Il termine Patriarca aveva una grande valenza perchè già in epoca giustinianea le sedi riconosciute erano non di un semplice "Vescovo", ma di un "Patriarca" e si trovavano solo a Gerusalemme, Antiochia, Alessandria , Roma, Costantinopoli e Aquileia. Patriarca vuol dire in greco "Primo Padre", nome che nella traduzione biblica venne attribuito solo ai grandi personaggi della Genesi.
Nel 568, all'arrivo dei Longobardi, Grado offrì sicuro rifugio al Vescovo Paolo o Paolino (557-569), che trasportò il tesoro della chiesa di Aquileia, di cui oggi è rimasta solo una cassetta-reliquario in argento che contiene le reliquie dei martiri Canzio, Canziani e Canzianilla.
Nel 579, a Grado, Elia convocò un Concilio provinciale, in cui venne confermata la fedeltà di tutti i Vescovi. Erano presenti, attorno al Vescovo o Arcivescovo di Aquileia (già allora lo si chiamava con il termine orientale di Patriarca), Vescovi della costa veneta, dell'Istria e delle terre occupate dai longobardi: l'unità spirituale ed ecclesiastica sopravviveva e superava la divisione politica.
D'intesa col Papa, le pressioni dell'Esarca, residente a Ravenna, fecero crollare le resistenze dei gradesi. Alla morte di Severo (588-606), successore di Elia, il Patriarcato si divise: un Patriarca, Candidiano (606-612), appoggiato dai Bizantini, rimase a Grado; Giovanni (dal 606 in poi), ancora scismatico, ritornò ad Aquileia dandole il ruolo di sede principale, con giurisdizione sui vescovadi rimasti nell'ambito longobardo. Nel 628, alla morte di un successore di Candidiano, il Patriarca gradese Fortunato fuggì, con una parte del tesoro e ritornò nelle terre aquileiesi, rifugiandosi nel Castello di Cormons. Tanto il Papa Onorio quanto l'Imperatore Eraclio ridettero immediatamente prestigio alla fedele sede di Grado, mandandovi un nuovo Patriarca Primigenio e un nuovo tesoro, dando così anche a Grado il diritto di fregiarsi del titolo patriarcale.
Non è ben chiara la posizione del Patriarca di Aquileia nell'ambito del Ducato del Friuli: si conoscono a malapena i nomi dei Patriarchi fino al 699, che vide la fine dello scisma aquileiese.
Da quel momento si ebbero "due Patriarchi" (Paolo Diacono). Grado rimase staccata dal resto, mantenendo le sue proiezioni verso il Mediterraneo. Aquileia, con Cividale, ne rimase estranea e, nel corso del medioevo, tutta la sua regione verrà a far parte di altre unità continentali. L'unità regionale non sarà più ricostituita.
Da questo momento, Aquileia inizia un tramonto senza fine: la città si spopola sempre più; le campagne vengono trascurate e la malaria incomincia ad infierire.
La scissione del patriarcato di Aquileia non fu mai più sanata. Furono inutili i tentativi dei Patriarchi come Sereno (715-730), Callisto, suo successore, o come Massenzio (811-837), Popone (1019-1032) e Vodolrico II (1161-1182). Callisto e Poppone ricorsero anche alla violenza per sottomettere Grado. Ciò anche se il Sinodo di Mantova (827) ed il Convegno di Venezia (1180) sentenziarono in favore dell'autorità di Aquileia. Invano. Grado e la rispettiva giurisdizione sopravvissero egualmente.
Aquileia rimaneva la metropoli per i vescovadi dell'entroterra, ma voleva che fosse riconosciuta la precedenza e la legittimità della sua supremazia anche rispetto a Grado. La giurisdizione aquileiese era esercitata sulle chiese di Como, Mantova, Verona, Vicenza, Padova, Treviso, Trento, Belluno, Feltre, Concordia, Ceneda, Trieste, Capodistria, Parenzo, Pola, Pedena, Emona (Cittanova). La Diocesi di Aquileia fu, per tutto il medioevo, la più vasta d'Europa.
Dopo la fine dello scisma (699) il Patriarcato di Aquileia si inserisce nelle vicende culturali e politiche dei Duchi del Friuli e dei Re d'origine longobardo-friulana. Negli ultimi decenni del Ducato friulano bisogna ricordare i patriarchi Callisto e Sigualdo (+787). Sotto quest'ultimo, il Friuli fu occupato dai Franchi.
Grande figura fu quella del Patriarca Paolino (787-802) ricostruttore del Friuli, Poeta e Vescovo. Egli cercò di risollevare l'inerzia ed il decadimento che dominava su Aquileia.
Svecchiò l'antica liturgia aquileiese; collaborò con l'opera condotta da Carlo Magno nell'organizzazione dello Stato e delle chiese; fissò i confini sulla Drava, in accordo con l'Arcivescovo di Salisburgo. Anche gli Sloveni ricordano la sua figura con gratitudine. Ma egli pensava all'ineluttabilità della fine di Aquileia, al contrario del Patriarca Massenzio, che reagì con forza, rivolgendo maggiore attenzione ad Aquileia (più che a Cividale). Dette un nuovo assetto alla basilica patriarcale ed iniziò un nuovo entusiasmo per la vita culturale e religiosa di Aquileia. Anche grazie alle donazioni imperiali, rifiorì anche la vita monastica e si riebbe un'intensa circolazione di uomini di cultura e di idee.
Durante le ripetute incursioni ungariche (899-942), la regione fu sempre più legata all'iniziativa del solo Patriarca: è significativo che nel 921 fosse il Patriarca Federico (900-922) a mettersi a capo della difesa della terra friulana.
La rinascita di Aquileia, promossa dai Principi-Patriarchi, ha il suo momento più felice con Poppone, famigliare e ministro di Corrado II. Egli acquistò una completa indipendenza dal Duca di Carinzia e si preoccupò di ridare vita alla città: tentò di dare maggior efficienza al porto per aumentare i commerci e combattè contro Grado (1023-1042), protetta da Venezia, per dare maggior importanza alla capitale. Da Poppone Aquileia aveva avuto anche una nuova amplissima cinta muraria ed una basilica ricostruita in modo più consono alla sua cultura tedesca.
Nel 1077 Enrico IV concede al Patriarca Sigeardo (1068-1077) l'investitura feudale, con prerogative ducali sulla Contea del Friuli. Questo atto corrispondeva alla nascita di uno
stato patriarcale. Il Patriarca diventa un Principe che unisce due sovranità.
Il vessillo azzurro con al centro un'aquila gialla dai rostri aperti ed il becco rossi, non ha niente a che vedere con l'aquila bicipite del dominio absburgico, ma è l'insegna del Patriarcato di Aquileia. La concessione imperiale fu data pensando che Aquileia poteva rappresentare una testa di ponte per la potenza imperiale in Italia. Vassallo imperiale, il Patriarca riceve generose dotazioni ed è investito dell'autorità ecclesiastica; porta cioè il
"pastorale e la spada" contemporaneamente.
In Oriente in questo periodo si va per le Crociate e vi si recano anche i nobili del Patriarcato. Ma per Gotifredo (o Godofredo o Goffredo), pur ottimo oratore ed amministratore, le cose finiranno assai male: verrà sospeso
a divinis da papa Urbano per aver incoronato a Milano nel 1186 Re d'Italia Enrico, figlio di Federico Barbarossa.
La storia di Aquileia-città viene ormai assorbita nella storia della regione. Anche il Patriarca vi soggiornava sempre meno e la popolazione era ridotta a poche centinaia di abitanti.
In antitesi fu preferita la città di Udine con il Patriarca
guelfo Bertrando di San Genesio (1334-1350) che abbellì questa città, ricostruendo il palazzo patriarcale, pur non trascurando Aquileia.
Nel 1348 un forte terremoto sconvolse Aquileia, e non fu l'unico nel medioevo. Esso danneggiò gravemente la basilica, ricostruita nell'aspetto attuale dal Patriarca Marquardo di Randeck (1365-1381), che portò anche a termine i lavori di precedenti Patriarchi, alcuni della famiglia dei Torriani, sepolti nella stessa basilica, come del resto era avvenuto per i tanti patriarchi da Poppone in poi. Marquardo era vescovo di Ausburg, con grande esperienza di uomo d'armi, legato imperiale ad Avignone e legato papale in altre parti d'Europa. Sull'elsa della sua spada stava scritto
AN MCCCLXVI DIE VI IUL TEM. RE MARQUARDI PATR.
Nel 1420 Venezia mise fine allo stato patriarcale friulano occupandolo militarmente, malgrado la disperata resistenza del Patriarca Ludovico di Teck.
Dissolto il potere temporale, la chiesa di Aquileia avrebbe potuto ora svolgere meglio almeno il suo compito religioso e benefico. Avrebbe potuto dare unità alle genti ed alle terre che aveva per secoli riunite. Invece i nuovi Patriarchi furono scelti fra le Famiglie Patrizie venete, che abitavano lonatano sia da Aquileia che dal Friuli.
Della crisi di Aquileia ne risentì direttamente anche l'isola di Grado, il cui Patriarca, fin dalla prima metà del XII secolo si era trasferito a Venezia, sopprimendone di fatto sia il Patriarcato che la Diocesi di Castello (1451).
Alla fine dello stato patriarcale di Aquileia seguì pure il declino economico del Friuli, di cui esso era stato parte attiva. Nella seconda metà del secolo, ripetute invasioni turche devastarono ancora una volta la pianura friulana.
Aquileia-città fece parte della Repubblica veneta fino al 1521 (Trattato di Worms), quando entrò a far parte della contea di Gorizia, nell'ambito dell'Impero. La Diocesi di Aquileia invece era in uno stato precario e non poteva essere retta in maniera uniforme in quanto si estendeva ad Oriente nell'Impero e ad ovest nelle terre di Venezia. Nel 1574 si cercò di porre rimedio a questa situazione istituendo l'Arcidiaconato di Gorizia, quale premessa di trasferimento della sede patriarcale a Gorizia. Aquileia offriva un quadro molto triste di trascuratezza e di depressione. Venivano anche colpevolmente disperse le ultime reliquie della vita cristiana antica: l'antico rito
patriarchino veniva abbandonato. Il senso di colpa fu assunto da alcuni patriarchi aquileiesi e soprattutto da Giovanni Grimani (1585-1593). Essi non si curarono nemmeno della ristampa dei testi liturgici aquileiesi. Così il clero fu indotto ad usare i testi liturgici romani, come prescritto dal Papa Pio V. La soppressione della particolare liturgia aquilese fu decisa dal Concilio provinciale di Udine (1596) su iniziativa del Patriarca Francesco Barbaro (1593-1616). Ma la divisione di fatto avvenne quando (1625-1628) l'Imperatore Ferdinando II vietò ai suoi sudditi di avere contatti col
cosiddetto Patriarca di Aquileia. Costui aveva cercato di impedire ogni smembramento con vari interventi, invano. La gravità e la confusione imperavano anche per la penetrazione delle infiltrazioni luterane nella Carniola e nel Goriziano. La plurisecolare controversia dell'estensione patriarcale nei due stati contigui fu risolta con la bolla di Papa Benedetto XIV (1751),
Iniuncta nobis, che decretava la scomparsa di quella che era stata definita "la seconda dignità dopo quella romana".
Maria Teresa otterrà dal Papa la soppressione dell'antica istituzione: vennero formate due Arcidiocesi, una a Gorizia (1752) ed una ad Udine (1753) che ereditavano ciascuna una porzione della giurisdizione aquileiese. Gorizia, nell'Impero, era a capo di una provincia che comprendeva Como, Trento, Trieste, Pedena; ad Udine facevano capo le Diocesi di Padova, Vicenza, Verona, Treviso, Ceneda, Belluno-Feltre, Concordia, Capodistria, Cittanova, Parenzo e Pola.
Venne diviso anche il tesoro di Aquileia con le sue reliquie. Si rinnovava così il pianto, dopo mille anni, del Patriarca Paolino per il commercio delle reliquie dell'antica metropoli.
Nella seconda metà del settecento, con il trionfo della politica di Giuseppe II, furono chiusi i monasteri e venduti gli antichi edifici di culto. Aquileia divenne un'umile borgata della bassa pianura friulana.
La storia di Aquileia più recente vede avvenimenti di ordine politico o amministrativo: nel 1915 fu conquistata dalle truppe italiane; nel 1923, soppressa la provincia di Gorizia, fece parte della provincia del Friuli. Ricostituita quest'ultima nel 1927, Aquileia ed il mandamento di Cervignano rimasero legate a Udine.
Il Patriarcato di Aquileia, nei suoi 1500 anni di vita, ha permesso una coesione di popoli e di etnie diverse, sviluppando e mescolando le tre maggiori culture presenti nel suo territorio, quella tedesca, slovena e ladina; ha incentivato i commerci, ha liberalizzato i servi, è intervenuto nella bonifica del territorio. Ha lasciato i segni ancor oggi di una potenza perduta.
ADDENDA
I PATRIARCHI di AQUILEIA (d.C.)
SAN MARCO (?) | 49 d.C. | | REVANGERO TEDESCO | 1065 |
S. ERMAGORA GERMANICO | 50 | | SIGEARDO TEDESCO | 1068 |
S. ILARIO PANNONICO | 276 | | ENRICO TEDESCO | 1077 |
CRISOGONO TRACIO | 286 | | FEDERICO SLAVO | 1084 |
S. TEODORO TRACIO | 308 | | ULRICO DI CARINZIA | 1086 |
CRISOGONO AQUILEIESE | 318 | | RICCARDO DI PREMARIACCO | 1120 |
AGAPITO AQUILEIESE | 319 | | PELLEGRINO I DI CARINZIA | 1130 |
S. BENEDETTO ROMANO | 332 | | ULRICO DI TREFFEN | 1162 |
FORTUNATO PALESTINESE | 343 | | GITIFREDO TEDESCO | 1182 |
S. VALERIANO | 367 | | PELLEGRINO II TEDESCO | 1195 |
S. CROMAZIO ISPANICO | 387 | | VOLCHERO DI ELLENBRECHTSKIRCHEN | 1204 |
AGOSTINO BENEVENTANO - DELFINO ALTINATE - MASSIMO | 406 | | BERTOLDO DI ANDECHS MERANIA | 1218 |
GENNARO ISTRIANO - SECONDO | 444 | | GREGORIO DI MONTELONGO | 1251 |
NICETA - MARCELIANO - MARCELLINO ROMANO | 458 | | RAIMONDO DELLA TORRE | 1271 |
STEFANO MILANESE | 515 | | PIETRO DI GERA | 1299 |
MACEDONIO | 536 | | OTTOBONO DEI RAZZI | 1301 |
PAOLINO ROMANO | 568 | | GASTONE DELLA TORRE | 1317 |
PROBINO | 573 | | PAGANO DELLA TORRE | 1319 |
ELIA AQUILEIESE | 575 | | BERTRANDO DI S.GENESIO | 1334 |
SEVERO RAVENNATE | 589 | | NICOLO' DI LUSSEMBURGO | 1350 |
GIOVANNI | 605 | | LUDOVICO I DELLA TORRE | 1359 |
MARZIANO ISTRIANO | 633 | | MARQUARDO DI RANDECK | 1365 |
FORTUNATO | 633 | | FILIPPO D'ALENÇON | 1381 |
FELICE | 649 | | GIOVANNI DI MORAVIA | 1387 |
GIOVANNI | 660 | | ANTONIO I GAETANI | 1395 |
PIETRO | 670 | | ANTONIO II PANCERA | 1402 |
SERENO | 698 | | LUDOVICO II DI TECK | 1411 |
CALLISTO | 730 | | FINE DELLO STATO PATRIARCALE | 1420 |
GIOVANNI | 772 | | LUDOVICO SCARAMPI | 1440 |
SIGINALDO LONGOBARDO | 774 | | MARCO BARBO | 1465 |
S. PAOLINO AUSTRIACO | 777 | | ERMOLAO BARBARO | 1491 |
ORSO | 804 | | NICOLO' DONATO | 1493 |
MASSENZIO | 814 | | DOMENICO GRIMANI | 1497 |
ANDREA | 844 | | MARINO GRIMANI | 1517 |
INDELMARIO | 857 | | MARCO GRIMANI | 1529 |
LUPO | 878 | | GIOVANNI GRIMANI | 1545 |
VALPERTO | 879 | | DANIELE BARBARO | 1550 |
FEDERICO FRANCO | 884 | | FRANCESCO BARBARO | 1585 |
LEONE LONGOBARDO | 897 | | ERMOLAO BARBARO | 1596 |
ORSO | 909 | | ANTONIO GRIMANI | 1622 |
LUPO | 932 | | AGOSTINO GRADENIGO | 1628 |
ENGELFREDO | 945 | | MARCO GRADENIGO | 1629 |
RODOALDO | 963 | | GIROLAMO GRADENIGO | 1656 |
GIOVANNI | 994 | | GIOVANNI DELFIN | 1658 |
POPPONE CARINZIANO | 1019 | | DIONIGI DELFIN | 1699 |
EBERARDO LONGOBARDO | 1044 | | DANIELE DELFIN | 1734 |
GOTEBALDO TEDESCO | 1049 | | SOPRESSIONE DEL PATRIARCATO COME GIURISDIZIONE ECCLESIASTICA | 1751 |