Durante la la campagna di guerra condotta da Narsete, generale bizantino, contro i Goti, vi erano, nell'armata bizantina in Italia 2300 guerrieri longobardi, che si distinsero per valore e ferocia. Coloro che rientrarono alle proprie sedi in Pannonia avevano bene impresse in mente tutte le caratteristiche di quella terra meridionale, così ricca di campi coltivati e coltivabili, di città ancora fiorenti, e allo stesso tempo così indifesa e quindi facile da conquistare.
Anche se la pianificazione accurata di un'invasione non faceva parte della prassi militare dei Longobardi ne' rientrava nei costumi dell'epoca, e' inevitabile pensare che il patrimonio informativo costituito dall'esperienza di quei reduci abbia inevitabilmente contribuito alla decisione longobarda di invadere l'Italia, alla preparazione ed alla conduzione di quella campagna.
La maggior parte delle notizie che abbiamo sui Longobardi, alcune tra le quali spesso contestate dagli storici, sono dovute a Paolo Varnefrido, detto Paolo Diacono (n. 720 ca.). Egli studio' a Pavia con Flaviano, alla corte di Rachis. Si ritiro' nell'Abbazia di Montecassino e compose, tra il 787 e il 799, la "Historia Langobardorum", alla quale, senza pretese critiche e accademiche, anche noi abbiamo attinto nella stesura di queste pagine.
I Longobardi si erano stabiliti in Pannonia tra la fine del V e i primi anni del VI secolo a.C. muovendosi dalle sedi lungo il basso corso dell'Elba, dove erano stanziati gia' da quando Tacito li descrisse.
Paolo Varnefrido, poi piu' semplicemente chiamato Paolo Diacono, fonte principe delle notizie su questo popolo, del quale faceva parte, ci rimanda a sedi ancora piu' lontane e forse leggendarie, come la Penisola scandinava, e all'antico nome di Winnili (guerrieri).
Dalla Scandinavia i Longobardi sarebbero scesi a sud, risalendo il corso dell'Elba e dell'Oder, sotto la guida dei loro capi tribu'. Il loro primo re fu Agilmondo, sorpreso e ucciso in un attacco notturno dei Bulgari, che ne rapirono la figlia. A lui successe, sempre secondo il Diacono, Lamissione.
I Longobardi si stanziarono poi nel Norico e infine, come abbiamo visto, in Pannonia, subentrando ai Goti di Teodorico, scesi in Italia. E' molto probabile che la loro migrazione sia dovuta alla spinta delle popolazioni unne verso occidente. Entrarono pertanto in contatto prima con i Rugi nel 488, poi con gli Eruli, che sconfissero nel 512, infine coi Gepidi, al punto che Vacone sposo' Austrigosa, figlia del loro re. Fu in quegli anni che probabilmente, a contatto con quelle popolazioni ariane, i Longobardi abbracciarono anch'essi l'arianesimo. I rapporti tra loro pero' si fecero via via più tesi, fino a sfociare nella guerra. Ildeoco, in contesa con Vacone, quale re dei Longobardi, si era rifugiato presso i Gepidi (527) che furono sconfitti dai Longobardi, a loro volta alleatisi con gli Avari (567). Il loro re Cunimondo venne ucciso in battaglia. Col suo cranio, come si usava allora, fu fatta la famosa coppa, origine di tanti macabre leggende. Anche sua figlia Rosmunda fu presa prigioniera e poi sposata da Alboino, figlio del Re Audoino e vedovo di Clotsuinda, che aveva ucciso in battaglia anche il fratello di lei, Torrismondo.
I Longobardi erano cosi' divenuti padroni del territorio compreso tra la Sava e la Drava, che mette in contatto l'Europa orientale con quella centrale e si affaccia all'Adriatico e all'Italia. Giova ricordare che lo spazio racchiuso tra quei due fiumi e' stato considerato una zona di grande rilevanza strategica, da parte di possibili attaccanti e di potenziali attaccati, fino alla seconda meta' del XX secolo.
L'alleanza con gli Avari fu tuttavia di breve durata ed il dominio longobardo nella regione era costantemente insidiato da questi e dai Gepidi sconfitti: fu certamente anche questa una delle cause che indussero i Longobardi a muovere verso l'Italia.
Narra Paolo Diacono: Habitaverunt autem in Pannonia annis quadraginta duobus. De qua egressi sunt mense Aprili, per indictionem primam alio die post sanctum pascha, cuius festivitas eo anno iuxta calculi rationem ipsis Kalendis Aprilibus fuit, cum iam a Domini incarnatione anni quingenti sexaginta octo essent evoluti.
(Erano rimasti quindi in Pannonia per quarantadue anni. La lasciarono il giorno dopo la Pasqua, che in quell'anno, secondo il calcolo, era caduta il 1 aprile, nell'anno 568 dall'incarnazione del Signore, indizione prima).
Giunsero in Italia lungo la Via Postumia e attraverso la Valle del Vipacco; la leggenda narra che Alboino si sia soffermato a guardare il panorama della Terra che si accingeva a conquistare dalla vetta di un monte che da allora, fino alla meta' del XX secolo fu chiamato Monte del Re, o Monte Re, ora meglio noto come Nanos, nella accezione slovena.
Giunti alle pendici meridionali delle Alpi occuparono la Venezia Giulia. Alboino affido' la citta' militarmente piu' importante, Forum Julii, Cividale, al migliore dei suoi generali, Gisulfo, che divenne Duca del Friuli, poi prosegui' l'avanzata, occupando tutti i maggiori centri, ma trascurando le citta' troppo ben difese e le regioni costiere. Furono prese: Codroipo, Ceneda, Treviso, Verona, Brescia, Bergamo, Milano (il 3 settembre 569), Modena, Lucca, Chiusi, Camerino, Spoleto, Benevento (572), Pavia (572), Bologna.
Nel 573 Alboino soccombe per una congiura ordita da Rosmunda. Gli succede Clefi (572-574), alla cui morte inizia un periodo decennale di autonomia dei Duchi, finche' viene eletto Autari (584-590), figlio di Clefi. Egli estende le conquiste territoriali a danno dei Bizantini, cerca di attenuare i contrasti col Papato e riduce le tendenze autonomistiche dei Duchi, anche per far fronte alle minacce dei Franchi. Con costoro cerca di intavolare trattative di pace, tentando cosi' di porre le basi di un regno che si estenda a tutta la Penisola, fino a Reggio di Calabria.
I Longobardi tuttavia non riuscirono mai a realizzare l'unita' territoriale della Penisola, sia a causa della presenza bizantina lungo le coste che dei possedimenti della Chiesa nell'Italia centrale. In tutto il periodo del loro dominio i contrasti tra Papato e Impero d'Oriente non furono mai piu' forti del timore che i Longobardi incutevano ad entrambi. E quando la forza di Bisanzio si ando' riducendo, la Chiesa trovo' il modo di incrementare la propria, stringendo quell'alleanza con i Franchi che, tra alterne vicende, era destinata a durare almeno fino al 1870. Essa contribui' al rafforzamento del potere temporale del Papa, con tutte le conseguenze che ben conosciamo.
Essi portarono in Italia un tipo di dominazione ben diversa da quella dei Goti, che godeva della legittimazione bizantina. La loro sovranita' dipendeva unicamente dalla forza delle armi ed era ispirata alle usanze ancora fortemente "barbariche" che li caratterizzavano; gli appartenenti alla popolazione sottomessa erano considerati alla stregua di schiavi, e non possedevano quindi alcun diritto oggettivo.
Si mantenevano quindi separati dai vinti anche negli insediamenti: la citta' costituiva per essi un luogo fortemente insicuro e preferivano quindi risiedere in campagna o in quartieri ad essi riservati, fortemente difesi e muniti di sotterranei, le loro residenze erano quindi dei "covi". (cfr. Manzoni, Adelchi, coro dell’Atto III: "le note latebre del covo cercar...")
L'impostazione sociale era anch'essa di tipo militare: le "fare" costituivano a un tempo le unita' di quello che oggi chiameremmo l'organico militare, il raggruppamento di famiglie aventi la medesima origine (tribu') e il territorio che a tale gruppo era stato assegnato, assieme agli abitanti. Il parallelo con le "sippe" germaniche o con le "stanize" dei Cosacchi puo' fornire un'idea sufficientemente precisa, e, per quel che riguarda i Cosacchi, sufficientemente vicina nel tempo, se pensiamo all'insediamento cosacco in Carnia nella seconda guerra mondiale.
Non riteniamo di dover qui ripetere gli altri concetti che caratterizzavano la societa' longobarda come per esempio la faida ed il guidrigildo.
La violenza e il saccheggio erano per essi prassi quotidiana, facevano parte della loro "cultura", come anche la considerazione del ruolo femminile, in cui la donna era vista come procreatrice di eredi e totalmente soggetta prima al padre, poi al marito. Un addolcimento di tali caratteri bellicosi e violenti si ebbe tuttavia con la progressiva conversione al cattolicesimo, che fu promossa, non a caso, da una donna, sia pure di stirpe reale: Teodolinda.
Le tristi condizioni dei vinti, aggravate anche da una pestilenza e da carestie nel 569, le orrende ed incivili usanze dei Longobardi, il loro disprezzo per le popolazioni rese schiave e per la loro cultura, sono state forse eccessivamente sottolineate dagli storici. La figura del Longobardo violento, invasore, stupratore e rozzo e' dovuta a molte cause quali l'instaurazione e la giustificazione del potere Temporale della Chiesa, fin da quando essi erano in Italia, la polemica anti-imperiale dei Comuni, il Risorgimento ed infine la sottolineatura della contrapposizione tra romanita' e barbari nella prima meta' del secolo scorso, quando l'Italia doveva essere Romana e Imperiale.
I Longobardi ebbero una propria "cultura": erano Barbari e in tale contesto vanno inseriti e studiati, indipendentemente da valutazioni etiche: il resto e' guelfismo e neoguelfismo contemporaneo.
Tutto il dominio longobardo in Italia e' caratterizzato da alcuni elementi di base, che assumono diversa rilevanza nei diversi periodi. Essi si possono cosi' elencare:
a) conflitto tra le rivendicazioni autonomistiche dei Duchi e politica centralizzante dei Re;
b) gestione dei rapporti con i popoli sottomessi, in cui si alternano posizioni etnocratiche con tentativi di integrazione;
c) conflitto religioso tra i maggiorenti longobardi, divisi tra cristiani ariani e romani;
d) rapporti, spesso conflittuali, con la Chiesa;
e) rapporti, quasi sempre di ostilita', con Bisanzio;
f) rapporti, prevalentemente conflittuali, con i Franchi.
Il tentativo dei Re longobardi di unificare la Penisola, estromettendo i Bizantini, stabilendo rapporti pacifici con la Chiesa e rafforzando il Regno per ottenere un equilibrio di forze rispetto ai Franchi, era destinato a fallire proprio a causa degli elementi di conflittualita'. E furono proprio questi che portarono alla sconfitta i Longobardi ad opera dei Franchi.
Il successore di Autari, Agilulfo (590-616), prosegue la politica del suo predecessore. Nel tentativo di rafforzare il potere regio, cerca di stabilire, anche se Ariano, rapporti di convivenza con il Papato, ed in particolare con il papa Gregorio Magno. Durante il suo regno inizia la politica di avvicinamento al Cattolicesimo, che avrebbe dovuto assicurare la neutralita', (se non anche il favore del Papato) nella lotta contro i Bizantini per la conquista dei territori ancora in loro possesso. Lo Scisma dei Tre Capitoli, che il Re sperava costituisse un'occasione favorevole per tale politica, si rivelo' invece un'arma a doppio taglio, perche' rallento' la conversione dei Longobardi. Cio' avvenne perche' due grandi Diocesi del Nord, Milano e Aquileia, la cui influenza si estendeva a zone ben piu' ampie degli effettivi confini diocesani, aderirono allo Scisma. Aglilulfo tento' di volgere la situazione a proprio vantaggio, proponendosi quale mediatore e propugnando, con Colombano, Abate di Bobbio, la convocazione di un Concilio che ponesse fine allo scisma. La sua morte interruppe tale tentativo.
Poco significativo e' il Regno di Adaloaldo (616-626), salito al trono tredicenne. La madre Teodolinda tuttavia regna di fatto e prosegue la politica di avvicinamento alla Chiesa Romana. Viene deposto dal cognato Ariovaldo, esponente della corrente Ariana, non piu' disposta a tollerare la politica filo-cattolica inaugurata da Agilulfo e sostenuta da Teodolinda.
Il regno di Ariovaldo (626-636) e' caratterizzato da forte instabilita', a causa delle lotte per il potere e delle discordie religiose.
Rotari (636-652), anch'egli esponente della fazione ariana sposa tuttavia la cattolica Gudemberga, sorella di Adaloaldo e figlia di Teodolinda, che era stata relegata in un monastero dal primo marito, Ariovaldo. Dobbiamo a lui la prima effettiva emanazione di un codice, il noto Editto di Rotari. La sua politica si rivolse essenzialmente nella direzione delle conquiste territoriali per l'ampliamento dei domini Longobardi e per l'inglobamento di quelle isole bizantine ancora presenti all'interno o ai confini del suo regno.
Dopo un breve periodo di regno del figlio di Rotari, Rodoaldo (652-653), prevale nuovamente il partito cattolico con il regno di Ariperto, nipote di Teodolinda, ma per poco. I suoi figli, Godeperto, sostenuto dagli Ariani, e Bertarido, sostenuto dai Cattolici, si fanno eleggere entrambi Re, uno con sede a Milano, l'altro a Pavia. Il primo chiede aiuto al Duca di Benevento, Grimoaldo, che accorre da Sud, ma solo per deporre ed uccidere Godeberto e farsi eleggere Re, mentre Bertarido cerca rifugio nell'esilio. Il regno di Grimoaldo (661-671) si concretizza in azioni di difesa: dai Bizantini, comandati da Costante III che attaccano da Sud e assediano Benevento, dai Franchi sobillati dall'esule Bertarido e da una ribellione del Ducato friulano.
A Grimoaldo succede, per poche settimane, il figlio Garibaldo, che pero' viene deposto ed esiliato da Bertarido.
Bertarido, esponente della fazione cattolica, regna effettivamente dal 671 al 688 e stipula un trattato di pace con Bisanzio, ma non riesce a sedare la ribellione del Duca trentino, Alachi e del friulano Ausfrido, entrambi Ariani. La politica filo-cattolica viene proseguita dal figlio Cuniperto (688-700) che riesce a sconfiggere Alachi. La sua politica porta alla conclusione dello Scisma dei Tre Capitoli, realizzando cosi' finalmente il tentativo di Autari.
Alla morte di Cuniberto si apre un nuovo periodo di instabilita', durante il quale si succedono: Liutperto, sotto tutela di Ansprando (700-702), Ragimperto (700-701), figlio di Godeperto, Ariperto II (701-712), che viene sconfitto da Ansprando (marzo-giugno 712).
Col figlio di Ansprando, Liutprando (712-744), prevale definitivamente il partito cattolico, che sosteneva l'autorita' regia in opposizione all'autonomismo dei Duchi, ariani. Il nuovo Re si impegna infatti a rafforzare il Potere Centrale, a reprimere le spinte autonomistiche, ed a cercare di eliminare quella discontinuita' territoriale nell'Italia centrale, che egli identifica come elemento di vulnerabilita' per il proprio potere. Cerca anche di trarre vantaggio dalla Crisi iconoclastica, che contrappone la Chiesa di Roma ai Bizantini. Attacca allora con decisione le tradizionali roccaforti bizantine dell'Esarcato. Il Papa, di fronte al pericolo di un eccessivo rafforzamento dei Longobardi, si schiera decisamente con l'Impero; Liutprando e' costretto a recedere da buona parte dei territori conquistati, per la pressione non tanto militare, quanto per un'autorita' spirituale (le cosiddette divisioni del Papa), della quale anche i fieri Longobardi ormai devono tener conto.
Il suo successore, Ildebrando, regna per pochi mesi, dal gennaio all'agosto del 744, ed anche il successivo re, Rachis (744-749) non puo' far altro che cercare di mantenere buone le relazioni col Papa e con Bisanzio. Proprio a causa della sua politica debole viene deposto dai nostalgici delle conquiste di Liutprando.
Viene quindi posto sul trono Astolfo (749-756), cattolico, ma ostile al Papato. Egli cerca di riprendere l'iniziativa militare conquistando Ravenna e minacciando Roma. Tali azioni provocano pero' l'intervento dei Franchi, il cui aiuto e' stato invocato dal Papa. Astolfo e' costretto a restituire i territori conquistati. Parte di essi, donati dai Franchi al Papa costituiranno il primo nucleo territoriale del futuro Stato della Chiesa e di quel Potere Temporale del Papa, che la Francia pote' sostenere fino al 20 settembre 1870. Ma, cosa ben piu' grave per i Longobardi, da questa alleanza coi Franchi derivera', neanche vent'anni dopo, la fine del loro regno in Italia ed addirittura la loro estinzione.
Rachis riprende il trono per pochi mesi, ben presto sostituito da Desiderio (756-774), appoggiato dal Papa Stefano II, dietro promessa di restituzione di altri territori. Alla morte del Papa, Desiderio non mantiene le promesse per cui il successore, Papa Paolo I, e' fortemente ostile al Re. Desiderio, con l'appoggio di Bertrada, vedova del Re franco Pipino, inaugura una politica matrimoniale coi Franchi e da' in sposa le sue due figlie ai due figli di Pipino, Carlo e Carlomanno. In questo modo vorrebbe tutelarsi dai Franchi nel suo conflitto con il Papa. Ma e' proprio l'inconsistenza di una linea politica e diplomatica, che ha visto ormai anche troppe oscillazioni, ad affrettare la fine dei Longobardi.
Desiderio da' in sposa anche un'altra sua figlia al Duca di Benevento, suo tradizionale oppositore, ed un'altra ancora al Duca di Baviera, per assicurarsi il sostegno di un alleato vicino. Ma, alla morte di Carlomanno, il castello di carta della politica matrimoniale crolla: i figli, rivendicando la successione al padre, si rifugiano presso Desiderio, che si inimica cosi' anche Carlo, che e' ormai unico Re dei Franchi. Egli tenta di sostenere il diritto successorio dei suoi protetti presso il Papa, ma, di fronte al rifiuto pontificio, commette l'ulteriore errore di minacciare Roma. Desiderio, minacciato di scomunica, desiste e attacca i domini bizantini, senza piu' alcuna linea politica e militare precisa. Carlo allora, chiamato in aiuto dal Papa, scende in Italia e sconfigge Desiderio, che si rinchiude a Pavia, mentre suo figlio Adelchi, che regna assieme al padre dal 759, difende Verona.
Pavia cade il 6 giugno del 774: Desiderio viene preso prigioniero, Adelchi abbandona Verona e si rifugia a Bisanzio, dove l'Imperatore, di fronte all'eccessivo rafforzamento dei Franchi, gli concede il titolo di patrizio Bizantino.
I Longobardi sconfitti, in poco tempo scompaiono anche come popolo. Qualche anno dopo, nel 788, Adelchi partecipa ad una spedizione in Italia, ma l'esercito bizantino, sbarcato in Calabria, viene sconfitto dai Franchi e dai Longobardi di Benevento, da quell'antico Ducato ribelle, assoggettatosi ai Franchi.
Diversa importanza assumono le vicende del Ducato longobardo di Benevento. Mentre il Regno, al Nord, si impegno' in una politica di unificazione e centralizzazione di ampio respiro, e che non riusci' proprio per questo a realizzare, i Beneventani, seguendo la linea autonomistica degli altri grandi Ducati, riuscirono a ottenere un'effettiva indipendenza dal potere regio. Essa fu insidiata solo a tratti dai tentativi militari di Liutprando o da quelli matrimoniali di Desiderio. Guardando la sovrastante cartina si puo' notare che la continuita' territoriale dei possessi longobardi in Italia era interrotta dai domini bizantini che andavano da Ravenna a Roma oltre a certi capisaldi presenti anche nel Sud. Fu questa interruzione la fortuna del Ducato di Benevento (Longobardia minore)
, che si vide libero di impostare una propria politica di equilibrio. Il Ducato sopravvisse alla sconfitta del Regno perche' le sue mire di sovranita' territoriale erano molto meno pericolose di quelle dei Longobardi del Nord.
Il Ducato era stato fondato nel 571 da Zottone; successivamente Agilulfo designo' come successore Arechi, appartenente alla famiglia dei Duchi del Friuli, al quale segui' Grimoaldo, che fu re dei Longobardi. Gli successero prima il figlio Romoaldo (662-686), poi il figlio Grimoaldo II (686-689), che ebbe in sposa la figlia del Re Pertarito: Vigilinda. Alternando momenti di fedelta' al Regno e spinte autonomistiche (come quella di Godescalco che sostenne il Papa Gregorio III durante il regno di Liutprando) si sussegirono: Gisulfo I (689-706), Romoaldo II (706-731), Gregorio (732-739), Godescalco (739-742), Gisulfo II (742-751), Liutprando (751-758) e Arechi II (758-787). Dopo una spedizione dei Franchi, Benevento divenne Principato con Arechi II (774-787) e il figlio di questi, Grimoaldo III (788-806), dopo essere stato ostaggio dei Franchi nel 787, successe al padre (788). Con mezzi diplomatici e militari riusci' ad evitare l'occupazione da parte dei Franchi. A tal fine Grimoaldo si alleo' coi Bizantini. Il successore, Grimoaldo IV, dovette pero' cedere ai Franchi Chieti, che per i suoi predecessori era stata la roccaforte contro i tentativi dei Franchi di spingersi a sud. Cio' pero' condusse alla pace coi Franchi (812) e permise al Principato di svolgere una politica di potenza locale, a danno di Napoli. Nell' 817, Grimoaldo IV fu vittima di una congiura che porto' al potere Sicone (817-832), al quale succedette il figlio Sicardo (832-839). Seguirono Radelchi (839-853) e Adelchi (853-878) e successivamente si puo' assistere allo smembramento del Principato in due parti: Salerno e Benevento ad opera di Ludovico II, Imperatore e successore di Carlo Magno. Succedono poi Gaideri, Radelchi II e Aione, ma ormai costoro non hanno piu' nulla di Longobardo, tranne la tendenza alle congiure di palazzo.... ammesso che siano una caratteristica longobarda.
Nemmeno la antica lingua del popolo di Alboino si parla piu'.
Di essa restano, nella nostra lingua, alcuni termini, come strale,
spalto, spiedo, banca, panca, scaffa, scaffale, gruccia, spranga, greppia, trogolo,
trappola, guancia, schiena, nocca, milza, anca, stinco, ciuffo, zazzera, sberleffo,
grinza, zanna, strozza, grinfia, stambecco, taccola, sterzo, stecco, biacca,
sguattero, sgherro, manigoldo, spaccare, strofinare, spruzzare, baruffare,
graffiare, arraffare, scherzare, russare, smacco, scherno, tanfo, tonfo, gramo,
ricco, stracco (Migliorini, 1961).
Essi sono, assieme forse ad alcuni geni, ormai sparsi e "annacquati", e a queste poche monete, tutto cio' che ci resta dei Longobardi.