La biografia.
Una delle dispute prioritarie su Alessandro avviene su una domanda fondamentale: era veramente un uomo eccezionale o la sua eccezionale fortuna era frutto di un ambito molto ben preparato precedentemente? E' tutto suo il merito di ciò che ha compiuto, oppure ha trovato la strada completamente aperta? A questo riguardo ci sono due correnti di pensiero: gli entusiasti ed i detrattori. Secondo l' autorevole Rostand sono stati i personaggi umili a creare la fama di Alessandro.
Ma in fondo che cosa importa che Alessandro III sia stato un individuo sovrumano, un genio della guerra, un dio incarnato (Nuovo Dioniso), un discendente da Ercole e da Achille oppure un pazzo visionario che gli effetti dell'alcool hanno distrutto alla giovane età di trentadue anni?
Ricordiamo che una buona metà dei Greci lo detestava e che, nella stessa Macedonia il suo successore Cassandro fece giustiziare la madre, la moglie ed il figlio di Alessandro senza provocare una minima sollevazione.
Disprezzo verso Alessandro dimostrano Teofrasto, filosofo, Eratostene, scienziato, Timeo, storico. Ma non mancano gli adoratori del sovrano e padrone dell'Universo che alimentano il suo mito prosternandosi in Alessandria d'Egitto davanti alla sua statua, al suo sarcofago di marmo e poi alla sua bara di cristallo.

Dopo la morte del Conquistatore, tre furono le fonti storiche di maggior rilievo ideate e pubblicate ad Alessandria:
a) La "Storia delle campagne di Alessandro", in 12 volumi redatta dal filosofo Clitarco tra il 320-300 a.C.;
b) Le "Memorie" di Tolomeo Sotere, Re d'Egitto, che sono la fonte principale per "l'Anabasi "(o Ascesa - verso l'Asia superiore) di Arriano di Nicomedia (ca. 150 d.C.);
c) Il "Romanzo d'Alessandro" erroneamente attribuito a Callistene di Olinto, storiografo della spedizione d'Asia, condannato a morte nel 327 a.C.

Altre opere frammentarie hanno permesso di aggiungere notizie alle notizie. Bisogna ricordare i narratori citati da Polibio (II sec a.C.), dal geografo Strabone, dall'oratore Luciano di Samosata (II sec.d.C.). Sono stati trovati anche dei frammenti del comandante della flotta macedone Nearco di Onesicrito, di Eratostene e le opere di Arriano ed altre ancora. Infine se si vuole seguire quanto ha fatto l'uomo (e non il dio) bisognerà tener conto dei racconti della "Vulgata" (5 testi) che consentono di intravvedere le fonti dell'opera di Clitarco sovracitata.
Anche Plutarco ci ha lasciato una "Vita di Alessandro".

Gli obiettivi primari di Alessandro da un punto di vista egemonico erano due:
a) liberare i Greci d'Asia dal giogo persiano;
b) vendicare la Macedonia e la Grecia dalle atrocità subite dal 490 al 480 a.C.

In realtà il vero fine era quello di riuscire ad annettere l'Asia alla Grecia, conquistando l'Impero del Grande Re. Aristotele, consigliere di Filippo II ed educatore di Alessandro, dichiara nella sua "Politica" : "La conquista di terre rappresenta la funzione primordiale della monarchia macedone."
E fu proprio Filippo II e non Alessandro ad offrire i ricchi paesi del Medio Oriente alle ambizioni dei greci. Egli lasciò una Macedonia ben organizzata dopo aver trasformato in 23 anni di regno, un aggregato di tribù in uno Stato efficiente militarmente e diplomaticamente ben preparato, che fece da solida base alle conquiste del giovane Alessandro. L'esercito, assai ben preparato, e' nazionalista e combatte per la gloria e l'espansione della Macedonia. Il primo atto del giovane Alessandro, sbarcando a Kumkale in Asia Minore sara' quello di conficcare la lancia a terra, dichiarandola terra di conquista.

Ma come il Macedone veniva giudicato dai Persiani pochi secoli dopo la sua morte? Riportiamo uno scritto nel periodo fulgido sassanide (introduzione all' "Arta Viraf Nâmak"): "Il maledetto Arimane, il dannato, per far perdere agli uomini la Fede ed il rispetto della Legge, ha spinto il maledetto Iscandro il Greco a venire nel paese d'Iran a portare l'oppressione, la guerra e le devastazioni. E' arrivato e ha messo a morte i governatori delle province iraniane. Ha saccheggiato e abbattuto la Porta dei Re, la capitale. La legge , scritta in lettere d'oro su pelli di buoi, si conservava nella fortezza degli scritti della capitale. Ma il crudele Arimane ha suscitato il malvagio Iscandro e questi ha bruciato i libri della Legge. Ha fatto perire i Saggi, gli uomini di legge ed i sapienti del Paese d'Iran. Ha disseminato l'odio e la discordia fra i potenti, finche' lui stesso, infranto, non si e' precipitato nell' Inferno."

.Il genio dell'eroe nasce, per chi lo considera discendente da comuni mortali, da due opposte tendenze ereditarie:
quello del padre che rappresenta il perfetto tipo del fondatore d'Impero. Chiarezza di pensiero, larghezza di osservazione, precisione di calcolo, riflessione e previdenza, rapidita' di decisione, disprezzo dello scrupolo, duttilita' insinuante, brutale energia Ma Filippo viene assassinato nel 336 a.C. In linea paterna, Alessandro discende da Ercole. La dinastia, che si continua in lui, ha la sua origine dal più nobile ceppo eroico di Argo, non quella del Peloponneso, bensì quella dell'Orestide, ai confini dell'Epiro e dell'Illiria; questa città colonia del figlio di Agamennone Oreste, fu "annessa" dalla famosa capitale di Agamennone e, benche' non c'entrasse per nulla, ottenne il diritto di partecipare ai grandi Giochi di Olympia, in quanto, sia pur impropriamente, facente parte della comunita' greca;

quello della madre Olympia, principessa d'Epiro, donna ardente, esuberante, sfrenata, che seguiva la religione dionisiaca il cui culto era l'estasi che si otteneva soprattutto con la musica ed il ballo. Avveniva un' ebbrezza, una beatitudine che derivava dalla consapevolezza di una nuova vita e quindi gli eletti partecipavano all'immortalita'. La frenesia di Olympia era ineguagliabile. Fin da giovane questa orgogliosa discendente di Achille, frequento' la "felice Pieria", dove i Re della dinastia argeade avevano stabilito come sede delle loro feste olimpiche. E fu senza dubbio lì, ai piedi del monte Olimpo, che ella abbandono' il nome di Polissena per prendere quello di Olympia, in onore della sacra montagna, dove le donne "ispirate" si abbandonavano al delirio divino. Ella esagerava i riti del fanatismo sacro e portando con sè serpi addomesticate, che, al suono degli strumenti, scivolavano fuori dai cesti e si avvolgevano intorno ai tirsi ed alle corone delle menadi e, "mediante l'orrido amalgama della reptazione ofidica con l'orchestra del baccanale", gettavano lo spavento nel cerchio dei presenti.
La notte della nascita di Alessandro, Olympia sogna che un lampo, seguito da un tuono, la colpisca al seno. Vergine, concepisce immaterialmente, al passaggio di questa luce folgorante, un figlio di cui fisicamente, dopo le nozze, Filippo resta il genitore.
Anche in linea materna Alessandro rivendica la stessa origine: lei e' figlia di Neottolemo, re dei Molossi, discendente di Achille. Queste discendenze erano ai tempi estremamente importanti: erano articoli di fede, influivano nella vita politica, erano invocati nelle pretese dell'egemonia, nei consigli di guerra, ecc.
Quindi, fin dalla nascita Alessandro e' un uomo-dio. Il rampollo di una duplice stirpe di eroi porta all'apogeo le qualita' cosi' diverse che gli vengono dai genitori.

Le grandi battaglie di Alessandro furono piuttosto rare e, di veramente importanti, se ne possono contare quattro:
1) quella del Granico (era il nome di un fiume) in Frigia, nel 334, che per la prima volta dimostro' che il Grande Re dei Persiani non era invincibile;
2) quella di Isso nel 333, che segna la distruzione dell'impero persiano, sia pur con la fuga di Dario. Vengono pero' fatti prigionieri la madre, le mogli e i figli di Dario, trattati regalmente da Alessandro. Vi e' la spartizione di un immenso bottino;
3) quella di Gaugamela (Pascolo del Cammello) a nord di Ninive - attuale Iraq - nel 331, dove vi furono perdite considerevoli, ma la vittoria, dovuta all'ottimo impiego delle sarisse, arrise ad Alessandro. La porta verso Babilonia è così aperta. Dario, ancora una volta in fuga, viene ucciso dal satrapo Besso. Quest'ultimo, autoproclamatosi Re dei Persiani, verra' inseguito dai Macedoni, preso, giudicato e condannato ad una morte atroce dal tribunale di Alessandro;
4) quella di Gialampur nel Pakistan settentrionale, nel 326, contro l'indiano Poro. Con uno stratagemma di accerchiamento, Alessandro vince la battaglia contro una numerosa cavalleria, trentamila fanti ed arcieri ed un centinaio di elefanti da combattimento. Anche qui sono vincenti le sarisse che tutto infilzano, compresi gli elefanti, ottanta dei quali catturati vivi, dopo otto ore di combattimento. Ma, grazie al rispetto di Alessandro, Poro rimase a capo del suo regno, sia pur cedendo novemila uomini all'esercito del sovrano, in sostituzione dei Greci e dei Macedoni scomparsi in battaglia.


La battaglia di Gaugamela

Gli altri scontri, pur numerosi, furono solo scaramucce, imboscate, operazioni di pacificazione, assedi o massacri di popolazione locale.

Mentre in otto anni di campagne (334-326) vengono strette d'assedio una quindicina di citta' fortificate, come Tiro, Gaza, Avarana e le citta' dell'Indo, quindici ne vengono fondate quasi sempre con il nome di Alessandria. Le più importanti furono sette: la prima, dopo tre anni di campagne, fu Alessandria d'Egitto (331), cui seguirono Alessandria del Parapamiso (Begram-Afghanistan, 330), Alessandria dell'Osso (Termez-Uzbekistan, 329), Alessandria dello Iassarte (Chodzent-Leninabad-Tadzikistan, 329), Alessandria dei Sodgiani o dell'Indo (Rajanpur-Pakistan, 325), Alessandria degli Orito (a sud di Bela- Pkistan, 325), Alessandria della Susiana (Khuzistan-Iran, 324), mentre sembra che Alessandretta (Iskenderun-Turchia) sia nata dopo la grande spedizione asiatica.

Ma com'era distribuita la forza dell' esercito di Alessandro?
In primis, per importanza, veniva la cavalleria, che fin dai tempi di Filippo era la forza scelta della Macedonia. La cavalleria, che nella primavera del 334 a.C. risaliva verso il Granico, era formata da corazzieri, lancieri e picchieri, era diventata un'arma fondamentale d'assalto, mentre prima dell'avvento di Filippo, aveva solo compiti di ricognizione. Essa aggrediva ai fianchi l'avversario con fantastici risultati. Bucefalo, l'ombroso ed amatissimo cavallo baio di Alessandro, contraddistinto da una testa bovina era stato acquistato da un allevatore della Tessaglia per una somma enorme.
Seguivano poi i "Compagni", rappresentati dai corazzieri, armati con una spada ricurva (kopis), con una corta picca (xyston) e protetti da un piccolo scudo rotondo di metallo (pelta). I cavalieri greci e quelli tessali impugnavano invece larghe picche e larghi scudi rotondi ed erano ben protetti da corazze.
Vi era poi la famosa falange che era formata da sei reggimenti (taxeis). Gli uomini che la componevano non portavano corazza, né picca, né scudo, ma avevano la spalla sinistra protetta dalla "pelta", mentre le braccia erano libere per poter brandire la terribile lancia, la sarissa. Essa era lunga quasi 7 metri ed aveva forma di spiedo, il cui legno duro, che forniva l'asta era di circa 5.5 metri, cioe' il doppio delle picche greche e persiane. Le sarisse che dovevano determinare l'urto iniziale erano un po' piu' corte e leggere, come si pote' vedere nella battaglia di Isso del 333, ed avevano 8 file di profondita'. Gli uomini delle ultime quattro file alzavano verticalmente ed obliquamente le sarisse, con la punta verso l'alto in modo da spezzare le traiettorie dei proiettili provenienti dal nemico. L'insieme della falange formata da circa 150 uomini, con grande spirito di corpo, presentava così l'aspetto di un blocco di ferro. Anche la falange subì poi un'evoluzione nella sua composizione: ciò avvenne dopo le campagne d'India, quando alcuni persiani ottennero il permesso di farvi parte; ormai i macedoni costituivano soltanto l'insieme dei quadri.
Nell'esercito ovviamente non mancavano gli arceri (in genere cretesi) e gli "artiglieri", che disponevano tutta una serie di macchinari per il tiro (catapulte, balestre, petriere).
A queste forze si aggiungono quelle degli alleati e dei mercenari , né manca un corpo del genio, uno degli elementi piu' originali dell'esercito macedone, che comprende ingegneri e meccanici. Il loro capo si chiamava Diade ed aveva il compito di inventare e perfezionare le armi, di trovare sistemi per attraversare fiumi, per aprire strade, per scalare rocce ghiacciate…


Sbarco in Asia Minore

L'esercito era infine seguito da un'immensa carovana da guerra che trasportava le salmerie, i malati, i feriti, ogni cosa. Vi avvenivano i commerci, gli scambi, i contrabbandi. C'erano inoltre gli scienziati, gli intellettuali, gli atleti, gli artisti, le donne ed i bambini ed infine i non combattenti.

Facevano seguito all'esercito anche gli indovini di cui Aristandro di Telmesso era accreditato presso la famiglia reale. Quando fu segnalato che la statua di Orfeo a Ege, capitale della Macedonia, grondava di sudore, si penso' ad un cattivo presagio; cio' proprio mentre veniva decisa una spedizione. Aristandro, da buon cortigiano, contro il parere di tutti, disse invece che il segno era fausto ed incoraggiante e che le gesta di Alessandro avrebbero fatto sudare i futuri poeti e cantori!
Ma gli unici che azzeccarono la verita' furono i creatori degli oroscopi caldei: il Re sarebbe morto a Babilonia.

Non era mai permesso che i soldati si ammollissero o sprofondassero nei piaceri orientali: essi venivano addestrati tutti i giorni con manovre, riviste e parate militari. Nel dicembre del 331, dopo trentaquattro giorni di abbandono a banchetti orgiastici a Babilonia, gli ufficiali greco-macedoni cominciano a cadere in preda alla demoralizzazione. La disciplina si allentò ed Alessandro, intuendo il pericolo e non volendo veder marcire i quattordicimila fanti ed i millequattrocentottanta cavalieri ed i cinquanta "Cadetti", appena giunti dall'Europa, condusse le sue truppe in aperta campagna e le costrinse ad innalzare accampamenti mobili, ad esercitarsi ed a fare manovre.
I soldati avevano non solo fiducia nel loro Condottiero, ma anche fede. Ma non vi era nessun fanatismo per lo meno nei primi cinque anni di conquiste. I Greci ed i Macedoni erano fin troppo realisti e critici per credere nel carisma di Alessandro. Erano attratti pero' dalla sua grazia femminea, dalla sua effettiva bellezza. Tutti i ritratti lo riportano come un individuo di media statura, bello, dal fisico agile, i modi delicati, la pelle bianchissima.

L'esercito di Alessandro era noto e temuto per la sua velocita' di manovra e man mano che le citta' venivano saccheggiate o distrutte, il peso totale delle cose aumentava in proporzione. Avvenne così che per ben due volte Alessandro diede l'esempio, subito seguito dai suoi soldati, abituati ad obbedire, abbandonando o bruciando i propri bagagli dapprima in Partia nel 330, prima di inseguire il satrapo Besso, poi nel 327 al momento di invadere l'India.

Per quanto riguarda la marina da guerra, sono da notare le operazioni navali del 334. Esse erano necessarie per i grandi trasporti, ma temevano, all'inizio delle campagne, la supremazia persiana che consisteva in ben quattrocento navi da guerra. Ma quello che piu' importava era il tipo e la forma delle stesse. Secondo L. Basch, esperto conoscitore francese di architettura navale, nell' antico Mediterraneo esistevano almeno quattro tipi di trireme, con caratteristiche offensive completamente diverse. Alessandro si fidava ciecamente dei costruttori ciprioti, che portò con se' nelle sue campagne di mare. Tali navi furono utilizzate anche per discendere i corsi dei grandi fiumi ed i canotti, alti ai bordi, per creare i ponti di barche che permettevano gli attraversamenti. La spedizione di Nearco, assume poi un carattere veramente epico: da vero cretese egli si sarebbe battuto da solo sul mare, oltre il mondo conosciuto per essere libero o morire. Ma per ben due volte egli si ricongiunge, dopo inenarrabili traversie, con l'esercito di terra di Alessandro. Si preparano nuove imprese, ma il Re, di cui dicono molti morto per gli stravizi, è invece affetto da malaria (Arriano, Plutarco): la sua morte blocca ogni nuova impresa ed imprime un nuovo corso alle cose. A Nearco viene poi attribuito il Sud dell'Asia Minore, di cui era stato satrapo dieci anni prima.

Le paghe dei soldati consistevano in 16 dracme e 4 oboli al giorno per i "Compagni della guardia a cavallo", 14 dracme per ogni cavaliere alleato e 5 dracme e mezzo per ogni Compagno della guardia a piedi. Questi stipendi erano estremamente piu' alti di quelli dei normali lavoratori o di un cittadino che partecipasse all'Assemblea del Popolo o che fosse Membro del Consiglio ad Atene che percepivano circa due dracme. Questo faceva sigrave; che i giovani disoccupati macedoni e greci si arruolassero con l'esercito della vittoria. C'erano inoltre premi alla fine della carriera ed uno speciale indennizzo ai sopravvissuti. Malgrado i lauti guadagni, vi era spesso uno spreco notevole, tanto che furono vietati i banchetti oltremodo costosi, ed erano molti coloro che erano oberati dai debiti.

Alle battaglie vinte seguivano i divertimenti.
La caccia era tra quelli piu' amati dai cavalieri e dai nobili macedoni. Ad Alessandro piaceva in particolare andare a caccia del leone, come raffigurata, in una famosa rappresentazione, sul suo sarcofago, nel museo di Istambul, quando il Re macedone, assieme ad Efestione e Lisimaco, si distinse il giorno in cui il Re di Sidone aprì loro i suoi "giardini" (333-332).
Anche Cratero fece colare in bronzo da Lisippo e Leocare a Delfi una delle cacce al leone del suo sovrano.

Altro divertimento erano i banchetti che degeneravano poi in orge con eccessi nel bere, nel sesso e violenza. Una delle abitudini care ai macedoni era il cômos, forma particolare dell'orgia sacra. I convitati dopo aver vuotato durante il banchetto le loro coppe, usavano uscire, esaltati dal vino, a riempire le vie di un festoso tumulto in cui si confondevano i suoni della musica e dei canti ed il ritmo delle danze.
A Susa, nel 325-324, dopo una gara ginnica, il Re organizzo' una gara di bevute. Il vincitore avrebbe ricevuta una corona d'oro. Promano, il vincitore, ingollo' tredici litri di vino, morendo tre giorni dopo. Con lui morirono altri quarantun bevitori. In Carmania (305 a.C) si sfilo' ubriachi per sette giorni.
La sessualita' aveva ovviamente un posto d'onore. Benche' si dicesse che il Re fosse omosessuale (fra l'altro cosa normale per quei tempi), egli aveva quattro mogli legittime ed un harem di concubine altrettanto numeroso di quello di Dario.
Vi erano poi i tornei, si assisteva ai funerali di uomini illustri ed altre distrazioni piu' nobili.


Alessandro e Rossana. Dipinto persiano

Una delle cose cui Alessandro teneva particolarmente era l'obbedienza assoluta e la disciplina.
Essa riguardava tutti i livelli della gerarchia. Si obbedisce non tanto per dovere, quanto per convinzione, per fede in quel Re che e' garante ed animatore di tutti i riti. Egli ha ricevuto il suo valore militare da un dono divino. Paragonabile percio' al valore di Giove, di cui egli e' insieme discendente tramite Ercole ed Achille. Si obbedisce dunque per una sorta di riverenza e di rispetto religioso.
Dal 336 a.C. esiste ormai una mistica del capo.
Dopo il 330 a.C., cioe' dopo la morte di Dario, i rapporti tra Alessandro e le sue truppe cambiano radicalmente: egli e' proclamato Re dell'Asia e si comporta sempre più come un despota asiatico, con sogni di sovranità universale. Lo si puo' notare dal fatto che sia durante le marce che durante le battaglie, egli mantiene sempre lo stesso abbigliamento: elmo di ferro con pennacchi piumati, gorgiera a scaglie metalliche, doppia corazza di lino, tunica corta orlata d'oro. Ormai per la truppa e' sempre più difficile scorgerlo, anche se si e' inventato un abbigliamento "misto" che egli ritiene possa riavvicinargli i sudditi orientali: intorno al cappello rosso a larghe tese (kausia) annoda una fascia blu a strisce bianche (kidaris): Altre volte indossa una tunica di porpora con al traverso una fascia bianca ricamata con sparvieri dorati che abbelliscono il manto ricamato d'oro. D'oro e' anche la cintura annodata in maniera femminile, su cui e' appesa una scimitarra, il cui fodero e' tutto una gemma (Curzio Rufo, Diodoro, Plutarco). Prendeva ormai a modello la monarchia persiana, che era pari in potenza a quella degli dei. Egli voleva vedere anche i vincitori di tante battaglie riverirlo, compiere per lui funzioni servili. Questo comportava grandi insofferenze e mugugni da parte dei Greci e Macedoni, uomini liberi. Le discussioni su questo argomento portarono alla morte il filosofo Callistene (327 a.C.).
E chi si ribella viene giustiziato senza processo, cosi' come avvenne per alcuni insorti di Susa nel 324. La disciplina era ferrea, la preparazione militare durissima prima di poter far parte di un corpo di spedizione. Il Regolamento diceva che il soldato poteva reclamare solo dopo aver obbedito ad un suo superiore, qualunque grado egli avesse. Ma i Macedoni erano stati abituati ad avere liberta' di parola anche con il Re: questo fatto porto' alla morte Clito, che espresse in maniera non consona i suoi pensieri, durante un banchetto, ubriaco com'era. La stessa sorte tocco' a Callistene. Costoro urlarono ad Alessandro il loro disprezzo perche' pretendeva di essere discendente dagli dei, figlio di Ammone, rinnegando suo padre Filippo; dicendogli che invece era diventato potente unicamente grazie al sangue dei soldati macedoni. La stessa fine e' riservata a Filota che vorrebbe conservare il diritto di discutere, cosa iscritta da sempre nelle loro leggi ed usanze.

Di Alessandro vengono pero' ricordate anche alcuni momenti edificanti ed esempi di generosita'.
Quando nell'inseguimento di Besso - si percorsero 650 km in undici giorni - mancava l'acqua per lui ed i suoi uomini. Allora alcuni Macedoni gli vennero incontro trasportando a dorso di mulo, acqua di fiume. Quando gliene venne offerta, egli chiese a chi era destinata quell'acqua, gli uomini risposero che era per i loro figli, ma finche' sarebbe stato vivo lui essi avrebbero potuto averne degli altri, se gli attuali fossero morti. Allora Alessandro, guardando verso i suoi uomini assetati, ringrazio' i trasportatori d'acqua e la restitui' loro dicendo che se lui l'avesse bevuta da solo gli uomini si sarebbero scoraggiati. I cavalieri, nel vedere questa scena, gli gridarono di guidarli con ardimento e frustarono le loro cavalcature. Non potevano dirsi stanchi e assetati finche' avevano un simile Re (Plutarco, Vita, 42, 6-10).

Il Re doveva anche essere generoso e si faceva obbedire ed ammirare tanto piu' quanto piu' distribuiva doni: ma cio' non soddisfaceva mai completamente chi li riceveva, perche' tutti si aspettavano troppo dal Re e rimanevano spesso delusi. Voltaire riporta una frase di Luigi XIV che diceva così:"quando concedo un incarico, provoco cento scontenti ed un ingrato." Ad Alessandro viene attribuita la seguente riflessione:" E' tipico del Re che se ne maledicano le buone azioni".
Alessandro esaltò a poco a poco se stesso alla condizione divina: prima con l'eroica emulazione dinanzi al tumulo di Achille sulle rive di Troia; il culto con cui Alessandro onora Achille non e' solo una pratica pia, ma dal legame ristabilito fra loro con la mitologia, deriva come un' investitura. Continua con il vaticinio d'Impero Universale nello scioglimento del nodo gordiano; con la filiazione divina proclamata dall'oracolo di Ammone; con la consacrazione teocratica a Babilonia; con l'assimilazione della dottrina politica achemenide nelle capitali della Persia; con l'assunzione del carattere di Neos Dionysos durante la campagna d'India. Termina infine con l'apoteosi di Babilonia dove tutti, Greci e barbari, riconoscono la nuova divinita'. Duplice fu l'influenza: quella di Apollo per la bellezza e quella di Dionisio che trascura l'apparenza delle cose e mira ad esprimerne l'essenza.

Le tappe successive del suo trionfo seguono questo iter:
dapprima la sua epopea conserva la forma greca, ma ben presto cade sotto l'influsso delle concezioni orientali: nell'oasi di Ammone entra in contatto con l'apoteosi egiziana; a Babilonia raccoglie le sopravvivenze di quella dottrina teocratica di cui la Caldea sembra aver abbozzato uno dei primi schemi; a Susa e a Pasargade si appropria la dottrina per cui il Re e' Dio e deve ordinare la terra ad immagine del cielo. In Europa l'Argeade era legato all'Olimpo greco; in Asia, l'erede degli Achemenidi passa ad una nuova mistica e questa evoluzione non manca di suscitare terribili lotte.

Il processo di divinizzazione di Alessandro era incominciato già nel 334, quando si era visto il discendente degli eroi omerici, lasciare a Sesto l'intero esercito per andare a Troia e celebrare sacrifici sulla tomba del suo antenato Achille e a prendere nel Santuario di Atena uno degli scudi consacrati alla dea.
Un anno dopo, il problema del nodo gordiano, risolto a colpi di spada, prometteva al vincitore la sovranita' universale. L'acme era giunta nel 331 quando l'oracolo di Giove Ammone, nell'oasi di Siva, in Egitto, aveva dichiarato la discendenza divina di Alessandro. "Il profeta lo ha salutato da parte del dio come fosse suo figlio; non aveva come padre un mortale". Ma Alessandro in fondo non e' uomo da incensare perche' volle dimenticare il proprio padre Filippo, terreno mortale.

La sua origine divina veniva accuratamente alimentata essendo sopravvissuto ai combattimenti, ai complotti, alle ferite ed alle febbri dell' India. Nel 324 fu istituito un culto in suo onore: "Al Re Alessandro, al dio invitto". Contemporaneamente lo scultore Lisippo ricevette l'incarico di rappresentare il Re divinizzato con la lancia in mano e lo sguardo rivolto al cielo; il pittore Apelle lo raffiguro' con il fulmine in pugno; l'incisore Pirgotelete lo mostro', su monete d'argento, a cavallo mentre puntava la lancia contro il Re indiano Poro, in groppa ad un elefante. Si puo' concludere pero' che Alessandro non era ne' impressionato, ne' accecato dalla sua presunta divinità, ma che questa credenza costituiva per lui un elemento di dominio.

Ma come veniva vista l'origine divina del re? Era una filiazione diretta attraverso Olympia. Plutarco narra che mentre Olympia dormiva, un dragone fu visto al suo fianco. E questo - si dice - raffreddo' l'amore di Filippo. Il dio s'insinuava in lei attraverso il seno. La strana familiarita' della regina col serpente sacro, oggetto di ammirazione per gli uni, tema di scandalo per altri, da' credito all'opinione che suo figlio sia di origine divina: un dio-serpente ha generato Alessandro. A causa dei legami che uniscono Sebazio a Zeus, il dio-serpente di Olimpia e' un'ipostasi dell'uno e dell'altro insieme; cio' che spiega la raccomandazione di onorare Ammone fatta dalla Pizia a Filippo.
Da questo insieme d'idee o di credenze trae origine il viaggio all'Oasi di Siva, facendolo errare per quattro giorni in un'atmosfera in cui si respira appena, dove tutto e' arido. Si racconta pero' che quando la carovana fu morsa dai tormenti della sete, un improvvisa tempesta fece cadere pioggia in abbondanza. Questo fatto fu considerato come prova del favore celeste, anzi come un regalo del dio che regnava in quei torridi posti. Un altro messaggio divino avvenne quando, perduta la via a causa di una tempesta di sabbia, due corvi sarebbero apparsi, ovvero due serpenti secondo Tolomeo, che li rimisero Alessandro sulla buona strada, fino al ritrovamento dell'Oasi.
L'oracolo di Ammone fu affermativo per Alessandro su tre punti essenziali: l'origine divina, la dominazione mondiale , la vittoria indefinita.

Un episodio da ricordare fu quando Alessandro arrivo' a Gerusalemme, allora una piccola borgata semidistrutta, e gli si fece incontro in pompa magna Jeddoa, accompagnato dall'ordine dei sacerdoti e ricevette il rispetto di Alessandro che disse meravigliando gli astanti: "Io non mi inchino davanti al Gran Sacerdote, ma dinanzi al dio che gli ha affidato l'onore del suo culto". E ricordo' che mentre studiava i mezzi per conquistare l'Asia un sacerdote simile a quello gli era apparso in sogno ed aveva il medesimo costume che il pontefice indossava in quel momento. Costui, secondo tale sogno, avrebbe esortato Alessandro a non temere nulla perche' avrebbe conquistato l'Impero dei Persiani. Tende pertanto la mano al Pontefice e, accompagnato dal corteo dei sacerdoti, entra in Gerusalemme ed onora il vero Dio con un sacrificio celebrato secondo i riti di cui Jeddoa, lo ha reso edotto. Sacrifico' cosi a Jehovah, cosi' come in Egitto, seguendo i riti egizi, aveva sacrificato a Ftah.
L'importanza della citta' di Gordio, come nodo di comunicazioni, centro militare e luogo di rifornimento, spiega le disposizioni prese dal Re. Anche a Gordio, che non dimentica l'epoca eroica in cui Otreo e Migdone parteciparono alla guerra di Troia, Alessandro ando' a visitare il tempio di Giove dove vide il carro in cui un tempo Gordio, padre di Mida, si faceva trasportare: non era per nulla splendido, ne' piu' ricco dei carri ordinari. Tutto quello che vi era di notabile era il giogo, il cui legame era composto da parecchi nodi talmente confusi e intrecciati gli uni con gli altri, che non se ne vedevano i capi. Siccome gli abitanti affermavano che era stato predetto dall'oracolo che colui il quale avesse potuto scioglierlo avrebbe avuto in sorte l'Impero dell'Asia, Alessandro provo' invano scioglierli per qualche tempo; poi, rendendosi conto dell'inutilita' dei suoi sforzi, taglio' con un colpo di spada tutte le corregge. L'oracolo ebbe cosi' compimento.
La notte seguente lampi e tuoni rivelarono con un presagio infallibile che le condizioni prescritte dall'arte divinatoria erano state adempiute.
Un altro episodio, fra i tanti degno di nota, fu quando Dario, Re dei Re, offrì per ben due volte un trattato di Alleanza ad Alessandro, la seconda delle quali oltremodo lusinghiera. Essa prevedeva che Alessandro avrebbe tenuto come ostaggio il principe ereditario Oco che, fra l'altro, era gia' in suo potere,e prendendo egli stesso il rango di un figlio, sarebbe divenuto l'Associato del gran Re nel governo di tutto l'Impero. A questo punto avvenne un aneddoto riportato da molti storici: Parmenione, illustre veterano delle imprese macedoni, dopo aver esaminato le offerte di Dario concluse:"Io le accetterei se fossi Alessandro".
"Ed io pure" replico' il Re " se fossi Parmemione".

Naturalmente al giorno d'oggi, ancora una volta, si puo' osservare come il giovane vincitore Alessandro abbia subito l'influenza di Dario e della cultura persiana, così come poi avverra' con i Barbari verso i Romani. Il regno di Dario, benche' immenso in terre e ricchezza, era ormai destinato a crollare, sia perche' indifendibile, soprattutto perche' quando le arti in generale entrano come elemento fondamentale negli stati, subentra l'inettitudine per gli avvenimenti militari, ed una relativa crisi dei costumi e dei valori.

L' ingresso di Alessandro a Babilonia, sulle affascinanti rive dell'Eufrate, mostro' un miscuglio di lusso raffinato e di grossolana trascuratezza, con opere d'arte conservate con cura e con monumenti abbandonati. Essa restava tuttavia una citta' regale, denominata " la Porta di Dio".
Nessuno dei centri vitali del mondo ne pareggiava l'importanza, ne' le citta' come Tebe o Menfi, e neppure Susa, benche' fosse una residenza principesca. Quello che si notava a Babilonia era il fatto che alla potenza industriale e commerciale univa il prestigio di una supremazia nel campo delle scienze esatte come l'astronomia, la matematica, la metafisica, ecc.


La citta' di Babilonia


Alessandro indugiava nella meravigliosa metropoli in cui c'erano popoli di tre continenti, osservava attonito l'andare e venire delle carovane con tanti interessi e tante credenze. Vi si fermo' 34 giorni. E fu qui che Alessandro ebbe l'iniziazione alla vita asiatica, mentre si attenuava l'ostilita' tra i Greci ed i Barbari, in nome dei quali era incominciato il conflitto.
Fu in questa citta' che avvenne una piu' larga comprensione spirituale, che diverra' consueta nei successori di Alessandro. La metropoli caldea esercitava sull'animo del Re un' irresistibile attrattiva, perche' egli vedeva in essa la base predestinata della sua grande monarchia universale.



In data 14 gennaio 2002 ci e' pervenuta un'ulteriore strabiliante notizia documentata sulla vita di Alessandro da parte del Dott. Alberto Romeo, Presidente Onorario Gruppo Ricercatori ed Operatori Subacquei, che gli Autori desiderano ringraziare.
Essa e' dovuta ad un' immagine medioevale di Guillaume Vrelant e di Philippe de Mazerolles raffigurante un'immersione di Alessandro Magno, avvenuta nel IV sec a.C. con l'aiuto dell'Ammiraglio Nearco, Comandante della flotta macedone, pare su progetto dello stesso Aristotele. Ad alcune immersioni avrebbe preso parte lo stesso Nearco. La progettazione e la realizzazione della macchina, chiamata " skaphè-andròs" da Eraclide , sarebbe dovuta a Diognetus con la manodopera dei carpentieri di Sidone.
Questo fatto comunque non può essere considerato come la prima immersione subacquea nel senso stretto della parola. Ci sono infatti bassorilievi assiro-babilonesi che ritraggono subacquei con otri di capra usati come recipienti d'aria.
Inoltre è inconfutabile che 4.000 anni fa i cretesi e poi i fenici scendessero sott'acqua per prendere i murici quale materia prima della porpora e le spugne. E' impensabile inoltre che molte loro raffigurazioni fittili di pesci, molluschi e crostacei non siano state fatte previa osservazione "in vivo" in mare sott'acqua.
Erotodo parla di Scylla di Scione che con la figlia Cyana tagliò gli ancoraggi delle navi di Serse a Capo Artemisio percorrendo sott'acqua 80 stadi. Ai due furono erette statue d'oro nel tempio di Delfo, pare rubate successivamente da Nerone !
Tucidide narra che i subacquei ateniesi segavano sott'acqua i pali delle difese nei porti siracusani; è ipotizzabile che avessero un sistema per la respirazione subacquea.
Plinio e Plutarco ci spiegano come facessero gli urinatores a vedere sott'acqua per mezzo di olio sputato davanti gli occhi ed a respirare da una vescica di capra.
Si potrebbe infine aggiungere che la storia di Alessandro subacqueo sia stata scritta dal suo storiografo ufficiale, Callistene, nipote di Aristotele e che questi nei "Problemi" parla di apparecchi respiratori che chiama lèbàta, utilizzati nell'assedio di Tiro.
Ma la curiosità del Macedone verso il fondo del mare non deve stupire: in essa egli non trovava limiti ed il voler superare ogni traguardo, anche impossibile, rappresentava per lui sempre una meta raggiungibile.

Chi fosse interessato a saperne di più può consultare il lavoro di Alessandro Turrini "L'uomo barca di Aristotele" (Vittorelli Edizioni).




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