Veduta di Verona. Mappa perduta del X secolo.


Perchè coniugare Longobardi (568-774) e Scaligeri (1260-1387), tanto lontani nel tempo? La risposta nacque da Cangrande della Scala con la leggenda che i Della Scala fossero imparentati con qualche khan àvaro, che avrebbe partecipato alla conquista longobarda d'Italia. Bisogna tuttavia tener presente che questo era spesso un tentativo delle famiglie comuni di nobilitare le proprie origini, una volta divenute importanti e potenti.
Altro legame degli Scaligeri con i Longobardi è citato anche da Dante. In un canto del Paradiso il Poeta ricorda Bartolomeo della Scala come "il Gran Lombardo" per la cortesia e la liberalità nell'averlo accolto.

VERONA: I LONGOBARDI

Premessa.

Il cinocefalo è il corrispondente longobardo dell'Úlfheðinn scandinavo (il primo guerriero dalla testa di cane, il secondo guerriero lupo, famosi per il loro impeto guerriero), non a caso la terra di origine del popolo dei Winnili, antico nome dei Longobardi che starebbe a significare "cani furiosi" o "cani vittoriosi", viene tradizionalmente collocata in Scania, l'attuale Scandinavia.
Con un lungo processo migratorio durato più di cinque secoli, alla costante ricerca di terre nuove e più ricche nel 568 invadono l'Italia alla guida di Alboino, secondo Paolo Diacono, il loro decimo re. Verona Vicenza e Grado (Nuova Aquileia) furono occupate nel 569.


Bevi Rosmunda !

Il Ducato longobardo.

Il Ducato di Verona fu uno dei ducati istituiti dai Longobardi e Alboino ne fece la capitale ed il suo quartier generale. Proprio a Verona Alboino venne ucciso, nel 572 e "con gran pianto e lamento dei Longobardi" fu sepolto sotto il declivio di una scalea che era vicino al palazzo. Le sue ossa furono rinvenute ed identificate nel 1245 in una cassa di legno, durante la signoria di Alberto della Scala, il quale impose ad uno dei suoi figli il nome di Alboino.

Nella prima figura il palazzo non è altro che la reggia di Teodorico, chiuso dal ramo nord delle mura volute proprio da Alboino.
Purtroppo la notevole attività edilizia che in tutta l'area di S. Pietro nel corso dei secoli, ha cancellato quasi ogni traccia del palazzo teodoriciano. Stando al sigillo che lo rappresenta ha la classica fattezza degli edifici bizantini, il corpo centrale dell'edificio è poi affiancato da due torri lunghe e sottili, simili a minareti. Nella "Civitas Veronensis Depicta" o "Iconografia Rateriana", il primo nome lo deve al vescovo Raterio, il secondo nome descrive quello che è, la città di Verona. La più antica e celebre rappresentazione grafica della città di Verona tracciata nel X Secolo, è uno degli edifici identificabile, mediante la didascalia, come il "palatium". Il complesso, costituito da una porta fiancheggiata da torri dietro la quale si vede una costruzione più piccola, presenta qualche affinità con il fabbricato raffigurato sul sigillo veronese.

Non sono molti i segni lasciati dai longobardi a Verona; questo perchè non vennero eretti edifici in muratura in grado di resistere al tempo. Alcune chiese di epoca longobarda come Santa Teuteria e Tosca, San Giovanni in Valle, San Giorgio, San Fermo, San Nazaro, i Santissimi Apostoli, San Lorenzo, vennero modificate nei secoli successivi. Testimonianze longobarde sono esposte al Museo di Castelvecchio. Si tratta per lo più di corredi funebri: umboni di scudo, fibie, spade e decorazioni varie.
Alboino fu assassinato a Verona per una congiura da parte della moglie Rosmunda, figlia del Re dei Gepidi, per vendicarsi del famoso banchetto in cui ci fu il "Bevi Rosmunda" di atroce e tragica memoria.
La fine dei Longobardi fu dovuta all'intervento dell'esercito del Re dei Franchi, Carlomagno, che nel 773, chiamato dal Papa Adriano I, scese in Italia e battè l'esercito longobardo alle Chiuse di Val di Susa. Pose quindi l'assedio alla capitale Pavia, che capitolò l'estate dell'anno successivo. Il Re Desiderio e sua moglie furono inviati prigionieri in Francia, mentre Adelchi, figlio maschio di Desiderio, riparò a Verona per poi fuggire a Ravenna chiedendo aiuto proprio ai suoi nemici giurati, i bizantini, che lo accolsero.



VERONA: GLI SCALIGERI

Premessa.

Dai documenti dell'epoca la famiglia era di origini borghese.
I "della Scala" o Scaligeri governarono sulla città di Verona dal 1262 al 1387.
Il loro nome e lo stemma sono probabilmente dovuti ad un simbolo che si trova sulla tomba del Re longobardo Alboino.


La Signoria scaligera.

Il primo della generazione fu un certo Arduino della Scala, un possidente mercante di panni. Suoi figli figurano Leonardino e Balduino. Il figlio di quest'ultimo fu Jacopino, commerciante in lane, che viene considerato il capostipite dei "Signori di Verona".
Suo figlio, Mastino I era abile in politica ed incline alla pace, cosa particolarmente gradita ai veronesi, appena usciti da un sanguinario periodo con Ezzelino III da Romano (1259). Mastino divenne via via sempre più importante fra i mercanti fino a diventare Capo dei Ghibellini e Podestà di Verona dal 1261 al 1269. Lentamente Mastino stava conquistando Verona, anche aiutato dall'abilità del fratello Alberto e dalla accettazione del Consiglio Maggiore. Mastino capì che l'accettazione da parte del ricchissimo clero e dei mercanti che producevano grande ricchezza, era fondamentale.
Fu dunque con Mastino che Verona passò da Comune a Signoria, anche se il passaggio ufficiale avvenne solo con il fratello Alberto. Fu ucciso a tradimento il 26 ottobre 1277. Dai documenti dell'epoca la famiglia era di origini borghese.
Gli successe suo fratello Alberto che favorì il commercio e l'agricoltura. Sostenne una guerra coi Padovani, assalì e prese Mantova nel 1299.
Fu ordita una congiura contro di lui ed i suoi tre figli, Bartolomeo, Alboino e Cangrande. Punì gli autori con la pena capitale. Estese la Signoria scaligera su Este, Parma Reggio, Ferrara, Vicenza Cividale e Riva del Garda, Morì nel settembre 1301.

Gli succedette per breve tempo (1301-1304) Bartolomeo I alla cui signoria legata la leggenda di Giulietta e Romeo. Durante il suo governo si ricorda la venuta a Verona di Dante Alighieri.

Seguì il fratello Alboino (1304-1311) che aderì alla Lega Lombarda (1306) e combattè con l'aiuto dei mantovani contro Azzone d'Este fino al 1308, anno in cui si firmò la pace.

In questo stesso anno Alboino si associò con suo fratello Can Francesco detto Cangrande (1308-1329) che, nelle guerre del dominio, aveva fatto valere il suo talento militare. I due fratelli furono riconosciuti dall'Imperatore Enrico VII di Lussemburgo, disceso in Italia,quali Vicari imperiali di Verona.

Alla morte del fratello Alboino, Cangrande rimase il solo Signore di Verona e dovette combattere contro la Lega formata da Padova, Treviso, Patriarca di Aquileia, con mutevoli risultati. Con Cangrande la Signoria raggiunse l'apice della sua importanza e fama. Divenne la capitale di uno Stato potente, attivo culturalmente ed artistico. La sua Corte accolse artisti e poeti, ospitò Giotto e nuovamente Dante Alighieri, fuggiasco da Firenze. Morì nel 1329.

A Cangrande successero i figli di Alboino, Mastino II e Alberto II. seguì un periodo di guerre e di tresce di fazione: Nel 1337 si formò una lega contro gli Scaligeri: Venezia, Firenze, Estensi, Visconti e Gonzaga. Alberto II fu fatto prigioniero a Padova fino alla pace, conclusasi a Venezia nel 1339 con grosse perdite di terreni. Il dominio degli scaligeri si ridusse a Verona e Vicenza.

Mastino II, morto nel 1351, lasciò tre figli: Cangrande chiamato (Canrabbioso), Cansignorio e Paolo Alboino. Con essi iniziò la vera decadenza degli Scaligeri. Ciò perchè ebbe inizio una storia fratricida. Cansignorio fece uccidere Canrabbbioso nel 1359 e strangolare Paolo Alboino, con il quale condivideva la Signoria di Verona.

Non avendo avuto figli eredi Consignorio fece testamento disponendo la Signoria a Bartolomeo II e Antonio, figli illegittimi. Alla morte del padre (1395) i due fratelli vennero a capo della Signoria senza contrasti.

Ma Bernabò Visconti, Signore di Milano, avanzò diritti su Verona per aver sposato Beatrice della Scala, figlia di Mastino II. Egli invase i territori scaligeri, ma fu respinto (1377). Quando si raggiunse la pace vennero riconosciuti i fratelli scaligeri quali Signori di Verona. Ma Antonio fece assassinare il fratello appena maggiorenne Bartolomeo II, che aveva cercato di governare da solo (1381).
La conseguenza di questo fatto fece si che Galeazzo Visconti, successo a Bernabò, aiutato dai Gonzaga e dai Carrara, mosse contro Verona conquistandola nel 1387.
Antonio, molto malvoluto a Verona, fuggì prima a Venezia, poi tentò di raggiungere Firenze ma la morte lo colse tra Faenza e Firenze e fu sepolto a Ravenna.

La signoria scaligera durò ancora pochi mesi con Guglielmo, bastardo di Canrabbioso, e dei suoi tre figli Brunoro e Antonio, (fatti uccidere da Francesco II Novello di Carrara nel 1404) e Paolo di discendenza germanica. Quando nel 1387 Antonio della Scala venne definitivamente cacciato da Verona per opera di Gian Galeazzo Visconti, signore di Milano, dovette andare in esilio.
Paolo Della Scala e parenti, fuggiti dalla città, finirono in Baviera traducendo in tedesco il loro cognome "Von der Leiter". Ebbero un ruolo rilevante nella vita della corte imperiale fino alla loro totale estinzione (1598).


Albero genealogico degli Scaligeri


La presenza degli Scaligeri, che hanno governato Verona dal 1259 al 1387, è rimasta imperitura per le opere d'arte che li ricordano. In particolare sono ancora presenti le famose "Arche di Verona", uno dei tanti orgogli della città.

ARCHE SCALIGERE
L'arca di Mastino II L'arca di Cangrande Piazza delle arche L'arca di Cansignorio




VERONA: LA ZECCA

Premessa.

I Longobardi regnarono in Italia dal 568 al 774 e Alboino proclamò Verona capitale del Regno e sede di un Ducato. In tutto questo periodo furono utilizzate monete bizantine e longobarde, ma è molto dubbia la presenza di una zecca a Verona. Dal 774 con la venuta dei Carolingi fino al 888 fu utilizzato il denaro d'argento battuto in numerose città, ma non a Verona (Treviso Milano, Pavia, Pisa, Lucca, Roma).


Il primo documento dell'apertura di una zecca è datato 921, che però per alcuni non risulta valida in quanto considerata come cambiavalute.
Nel primo quarto del X secolo vennero battuti denari d'argento "autonomi" chiamati "monete veronesi " che denunciano un'età di poco posteriore ai denari del carolingio Ludovico il Pio (814-840).
Dall'888 al 951 vi fu aspra lotta fra Re d'Italia ed Imperatori di Franconia e di Sassonia. Vinse Ugo di Provenza che investì per Verona il Conte di Milone di San Bonifacio e fece nascere la Marca Veronese. Verona allora era una sede episcopale con Vescovo Raterio. Nell'898 Berengario I, proclamato Re d'Italia, porta la sede per poco tempo a Verona e apre e poi chiude la zecca come conseguenza della riconquista di Pavia e Milano. Con Ugo e Lotario II (931-950) la zecca iniziò la sua attività che continuò anche con gli Imperatori, gli Scaligeri ed i Visconti, fino alla chiusura da parte veneziana nel 1516. Con loro fu introdotto per la prima volta il nome della città scritto a forma di croce che verrà utilizzato fino ad Adalberto (961).
L'unico denaro di Ugo e di Lotario II stabilisce l'indubbia monetazione veronese prima del 950. Segue il denaro di Berengario II (950-962) e quello del suo vincitore Ottone I (962-973). La serie assai numerosa dei denari veronesi ha inizio con Enrico II (1013-1025), ultimo imperatore dei sassoni con i "caucei" o "denari crociati o semplicemente "veronesi". Con Enrico VI il peso e la lega del denaro vanno sempre più diminuendo con peso ridotto a 0.38 g, mentre quelli dei primi imperatori erano di 1.3 g. La serie dei "veronesi" recanti nella leggenda del rovescio il nome di Verona si conclude con le rarissime emissioni a nome di Corrado II (1026-1039) dal peso oscillante fra 0.5-0.6 g.


Queste monete ebbero corso da Enrico II fino a Federico II di Svevia, in Italia dal 1218 al 1250, anno della morte. Sono tutti denari tranne che per Federico II, il quale emise oltre ad un denaro (piccolo) anche un grosso da 20 denari (piccoli).
Non risultano monete battute a nome di Ezzelino III da Romano, divenuto Signore assoluto di Verona dopo la morte di Federico II, perchè mantenne quelle di questo Sovrano per gratitudine.

La monetazione scaligera.
Nota: Le immagini delle sottostanti monete provengono dal libro di H. Rizzolli e F. Pigozzo (2015), in bibliografia

Forse volutamente le prime emissioni scaligere si ispiravano a modelli riferibili alle emissioni comunali, quelle che il Dionisi chiama "le monete al tempo della libertà" (Dionisi 1776). Non è escluso che si trattasse di un escamotage teso a mascherare la progressiva deriva delle istituzioni verso il potere signorile. Ne è esempio il denaro piccolo col nome di S. Zeno, protettore della città e quindi punto di riferimento cittadino al di sopra delle parti. Ma il riconoscimento imperiale della Signoria dei Della Scala con l'attribuzione del vicariato concesso da Enrico VII vide il simbolo antico dell'Impero anche sulle monete di Verona. Vennero battuti prima il Tirolino, durante la signoria di Cangrande, ad imitazione delle monete del Tirolo e, sotto Mastino II e Alberto II, l'aquilino, dal nome appunto del "santo uccello", come lo definisce Dante nel Canto XVII del Paradiso riferendosi all'arme scaligera. Con Bartolomeo e Antonio II vennero emessi il Soldo da 12 Denari piccoli e il Quattrino da 4 denari (Rizzolli and Pigozzo, 2015). Per quanto riguarda i pesi dei nominali essi variano nel tempo, seguendo le modifiche apportate al peso legale della libbra veronese nel periodo degli Scaligeri.




Con la fine della Signoria scaligera e l'avvento dei Visconti a Verona apparvero le monete di Milano e il raro grosso da 1 soldo e 1/2 di stile milanese recante l'immagine e il nome del Santo veronese. Ma da qui in poi usciamo dal tema ...



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