Palestina significa paese dei Filistini o Filistei, nome che è apparso solo quando questo popolo occupò il Paese di Caanan. Giuseppe e Filone dettero questo nome a tutti i paesi di Israele ed i Greci lo impiegarono per distinguere la Siria meridionale, la Giudea, dalla Fenicia e dalla Creta-Siria.
I Romani, che divisero più tardi la regione in quattro province, copiarono dai Greci il nome di Palestina. Sembra un'ironia il fatto che gli Israeliti siano debitori verso i Filistei, loro nemici ereditari, anche del nome del paese che essi considerano il loro da ben quattromila anni. Il termine di "Canaan", Kinahna (paese basso), utilizzato nelle iscrizioni babilonesi comprendeva anche la costa fenicia e serviva per distinguerla dalle colline che la dominano. Oggi si preferisce chiamarla Eretz Israel o Terra d'Israele, dai Cristiani conosciuta anche come Terra Santa, così come chiamata dal Profeta Zaccaria nelle Sacre Scritture.
Ma la Palestina è anche un paese di montagne aspre e pittoresche, intervallate da qualche terra fertile. Il Libro dei Re, i Profeti Amos e Zaccaria parlano anche dei terremoti che hanno interessato la Palestina. Al tempo della battaglia di Azio (c.ca 21 a.C.) vi fu un terribile terremoto che interessò la Giudea dove perirono 10.000 persone per il crollo delle loro case, mentre non morì nessun soldato sotto le tende.
Anche il deserto eccita l'immaginazione e, per la Palestina, non ha mancato d'influenzare l'immaginazione nella letteratura. Così è nato il sentimento del timor di Dio. I Profeti ebrei furono profondamente impressionati dalla sua grandiosa solitudine.

Il deserto della Giudea

In Palestina, nella parte meridonale della Piana di Saron, di fronte al golfo di Ajalon (o Askalon), c'è la zona a maggiori culture. Vi si trovano campi di grano, aranceti, meloni, palmeti e giardini. Qui sono nate città e villaggi famosi. C'è Lydda, che fu la residenza dei capi religiosi degli Ebrei, centro della religione giudaica; Diospolis (città di Zeus) con il paganesimo consacrato da sotto Settimio Severo (202 d.C.); Ramleh e Joppe (oggi Giaffa), che conosciamo fin da Gionata. Da qui le barche attraversavano il Mediterraneo e trafficavano con le isole di Kittim e Kaphtor (Cipro e Creta). Importavano grano, balsamo, olio che scambiavano con vestiti, porpora, argento, stagno, piombo e rame, così come ci racconta Ezechiele.
Un rapido sguardo su una carta geografica, ci mostra che la Palestina occupa una posizione pressochè unica: è posta tra il mare da una parte ed il deserto dall'altra, che legano l' Asia all' Africa.

Antica mappa della Palestina

Proprio per questa sua magnifica posizione, essa è stata teatro di numerose invasioni e campo di battaglia nel corso dei secoli. Egiziani, Ittiti e Babilonesi, nonchè Assiri, Persiani, Greci, Romani, Arabi e Turchi e, in tempi moderni, Inglesi, Francesi e Tedeschi si sono disputati la supremazia di questo Paese.
Era anche un punto d'incontro commerciale, dove i mercanti di Babilonia e quelli dell'Estremo Oriente potevano incontrarsi con quelli dell'Egitto e dell' Etiopia. Era quindi anche una via intellettuale oltremodo valida. Lo scambio della merce cammina parallelamente con lo scambio delle idee.

Gerusalemme al centro del mondo. Famosa mappa di H. Bünting del 1581

Noi cercheremo di trattare gli avvenimenti in Palestina dall'inizio dell'indipendenza politica della Giudea riconosciuta da Senato Romano nel 139 a.C. al 138 d.C., tempo della persecuzione dei Giudei sotto Adriano.

Non si possono comprendere gli avvenimenti di questo periodo senza fare qualche rapida prefazione.
Nel 167 a.C. alcuni ufficiali siriani tentarono di obbligare gli Ebrei di Modin di fare sacrifici agli dei pagani. Mattatias, uno dei principali sacerdoti della Famiglia degli Asmoneiani, ricevette l'ordine di dare l'esempio. Egli si rifiutò, strozzando con le sue mani il Giudeo che stava per eseguire l'ordine ed uccise l'ufficiale siriano. Questo fu il segnale di una rivolta generale e, sotto la guida di Mattatias ed anche dopo la sua morte, uno dei suoi figli, Giuda Maccabeo ed un gruppo di eroi si riunì, pronti a combattere fino alla morte per la difesa della religione dei loro avi. Così nel 162 a.C. la guarnigione siriana fu espulsa da Accra e lo scopo religioso del movimento fu raggiunto.

Fidandosi di questo successo, I Principi asmoneiani cominciarono a sognare un'indipendenza politica e concentrarono i loro sforzi sulla creazione di uno Stato. Gionathan, fratello cadetto di Giuda, continuò la lotta contro la potenza dei Seleucidi e Simone (142-135 a.C) instaurò la dinastia asmoneiana.
Questa lotta politica non piaceva ai Farisei, interpreti della Legge, perchè avevano più a cuore la religione e la cultura che lo Stato. Il nome stesso di Farisei (perishout - separazione) dimostra che i Farisei non predicavano un distacco assoluto delle cose del mondo. Essi volevano solo che la nazione vivesse la sua propria vita religiosa e spirituale ed evitasse il paganesimo: quindi il solo isolamento totale poteva salvare il monoteismo.
Anche i Profeti avevano già espresso questi concetti morali che dovevano essere mantenuti fino alla sparizione del paganesimo. I Farisei erano dunque pronti a combattere non per la libertà politica, ma per la Legge. Essi sostennero i Maccabei nella loro rivolta contro Antioco Epifanio, quando costui volle difendere il libero esercizio della religione. Quando la religione fu salvata, furono pronti a fare la pace col nemico: la politica per loro doveva essere subordinata alla religione. Senza religione di base, lo Stato non aveva ragione di esistere.

Finchè la religione fu in pericolo, tutti si unirono per la difesa de la Torah, la Carta religiosa d'Israele. Ma non appena ci furono i primi segni evidenti delle ambizioni politiche della famiglia asmoneiana, con la crescita della loro potenza, i Farisei ruppero i contatti. Essi avevano già rimproverato ai Re giudaici di fare intrighi con gli altri stati. Ma i principi asmoneani, grazie ai loro successi, avevano altri disegni. Essi avevano completamente perduto l'ardore religioso e la semplicità di cuore che li aveva aiutati a ristabilire il culto nazionale. Il loro sogno non era più nazionale, ma reale. Quando Antioco Epifanio aveva cercato loro di far accettare il culto di Giove, essi avevano ostinatamente rifiutato, ma ora volevano essere simili alle altre nazioni. La loro ambizione non era più quella di occupare la carica di "Gran Sacerdote", essi volevano salire sul trono di Davide.

In Estremo Oriente Antioco IV° era morto e le diatribe che seguirono dai pretendenti al trono dei Seleucidi, permisero agli Asmoneani di allontanare il giogo straniero e di fondare uno Stato indipendente. La Siria, paralizzata dai conflitti, favorì lo stabilirsi di un regno giudaico in Palestina con Simone (142-135 a.C.), ultimo sopravvissuto dei figli di Mattatias. Egli fece di Juppe un porto giudeo e s'impossessò anche di Accra.
Giovanni Ircano (135-104 a.C.) figlio e successore di Simone, fu abbastanza forte da difendere la sua indipendenza contro la Siria, sotto il successore di Antioco VII° , che aveva trovato la morte nel 128 in una spedizione contro i Parti.
Giovanni Ircano aumentò di molto i limiti del suo regno che raggiunse le dimensioni dello Stato di Davide; suo figlio e successore Aristobulo I° (104-103) fu il primo a prendere il titolo di Re. Egli aumentò le sue conquiste verso Nord, annesse la Galilea, sottomise gli arabi nel Libano, forzando gli abitanti ad adottare la religione ebraica. Suo fratello gli successe con il nome di Alessandro Janneo (104-78 a.C.) ed estese ancora i possedimenti. Prese la città di Gadara in Transgiordania: ma le sue conquiste furono fermate dai Nabatei.
Successivamente la vedova di Alessandro Janneo, Salomé Alessandra, tentò di allargare ancora i limiti del nuovo regno; ma, dopo la sua morte, il conflitto fra i suoi due figli Ircano II° ed Aristobulo II° causò il declino della potenza Asmoneiana. Antipater, Governatore d'Idumea e di origine Idumeiana, appoggiò Ircano ed ottenne per lui l'arrivo di Aretas, Re dei Nabatei. Costui portò un'armata in Giudea. Ma il popolo era diviso: alcuni sostenevano Aristobulo II°, gli altri stavano a fianco di Ircano II°.

Questa crisi scoppiò in Giudea quando Roma stendeva progressivamente il suo dominio sull'Asia ed annetteva i possedimenti degli ereditieri dell'Impero di Alessandro Magno. I due rivali asmoneiani commisero l'errore di appellarsi a Roma. E Roma "venne, vide e vinse".

Con i Romani un nuovo fattore era apparso nella politica ebraica. Essi avevano chiuso la loro stretta sulla Siria e Pompeo (65 a.C.) inviò il suo Generale Scaurus ad occupare il paese. Roma aveva già gettato il suo occhio sull'Asia occidentale e l'imperialismo romano ebbe presto fatto estendere il suo dominio sulla Palestina. Quando Pompeo stesso arrivò a Damasco e quando i due fratelli asmoneiani si appellarono a lui, al Romano non parve vero di poter regolare i loro affari. Aristobolo II° inviò come regalo un grappolo d'oro che valeva 500 talenti, ma Pompeo decise da ultimo di favorire Ircano II°. Aristobolo II° fu deportato a Roma, mentre Ircano mantenne la carica di Gran Sacerdote, sebbene privato della dignità reale.
Dopo l'Assiria, la Babilonia, la Persia, l'Egitto e la Siria, ora la potente Repubblica romana era divenuta padrona anche della Palestina. Roma parve inizialmente proteggerla: cominciò con lo stabilire un Protettorato. La vera dominazione romana doveva venire più tardi, perchè tale Protettorato durò settant'anni, dall'ingresso di Pompeo nel Santo dei Santi (63 a.C.) fino al giorno in cui furono nominati l Procuratori ( 6 d.C).

Le diaspore ebraiche di questo periodo.

Durante questo periodo, lo Stato romano subì una crisi politica: la Repubblica si trasformò in Impero (31 a.C.). Ma la sua politica imperialista non cambiò affatto.
Durante i suddetti 70 anni, la Palestina, tutta la Giudea, fu uno Stato semi-indipendente. Il potere centrale di Roma, il Governo repubblicano, poi Imperiale, confermò dapprima i principi asmoneiani, poi i sovrani Idumei della dinastia di Antipatro e di Erode.
Ma Roma, al minimo tentativo di riconquistare la propria libertà, aveva pronto il Legato di Siria che era incaricato di reprimere il movimento e punire eventuali ribelli. La Palestina era così caduta una volta di più sotto la dominazione di un padrone straniero.

Il Pretore romano Scaurus restò due anni in Siria, incaricato con pieni poteri nella regione fra l'Egitto e l'Eufrate.
Le città di Hippos, di Scitopolis, di Gaza, di Jeppé, di Dora furono tutte affrancate e rimasero fortemente anti-ebraiche anche quando più tardi Augusto le rese ad Erode. Per indebolire il paese, Gabinius, primo Pre-Console di Siria (57-55) divise la Giudea in 5 distretti (Gerusalemme, Gadara, Amathus Gerico e Sepphoris) per distruggere la costituzione monarchica e di rimpiazzarla con un'oligarchia aristocratica.
L’ asmoneo Ircano era nominalmente Prefetto della Giudea, ma il potere vero era nelle mani de l'Idumeo Antipatro. Costui non perdeva l'occasione di rendere a Roma preziosi servigi. Cesare fece di Antipatro un cittadino romano e lo nominò Procuratore di Giudea. Egli nominò suo figlio Faselus, Governatore di Gerusalemme ed anche suo figlio cadetto Erode fu incaricato per la Galilea.
Gli Asmoneiani detronizzati non avevano tuttavia abbandonato la lotta: con l'aiuto dei Parti, Antigone, figlio di Aristobulo e nipote di Ircano, tentò di risalire sul trono. I Parti invasero il paese, devastarono Gerusalemme, mentre Antigono veniva acclamato Re dal popolo. Erode fuggì ad Alessandria e da lì si recò a Roma, dove il suo amico Antonio, con l'assenso di Augusto, gli decretò la corona di Giudea. Sostenuto dalle truppe romane, Erode partì per la Palestina, dove riuscì a conquistare il regno che gli era stato attribuito. Antigone fu fatto prigioniero e portato ad Antonio che progettava di far figurare l'ultimo principe asmoneiano nel suo trionfo a Roma. Ma Erode persuase il suo protettore di farlo uccidere e l'infelice principe fu decapitato ad Antiochia. Era la prima volta, secondo Strabone, che i romani eseguivano un'esecuzione ad un Re.
Ebbe così fine la dinastia asmoneiana ed un idumeo divenne Re dei Giudei.

Giuseppe scrive che la famiglia deli Asmoneiani splendeva per la nobiltà della loro origine e la dignità del loro Gran Sacerdote. Ma questi uomini persero il potere per le loro lotte interne che così rimase ad Erode, figlio di Antipatro, che proveniva da una famiglia volgare e di bassa estrazione, e sottomessa ad altri Re.
Erode era solo un semi-ebreo. Egli non era stato eletto dal popolo, aveva ricevuto la corona dall’estero e veniva quindi considerato come un Procuratore eletto da Roma. Soldato e politico, egli s’inchinava solo davanti alla potenza di Roma ed alla cultura esteriore della Grecia. Roma riconosceva però le sue capacità ed anche il suo genio. La Palestina, sotto Erode, nome ebraico, fu dunque una dipendenza di Roma, governata da un Idumeo, un Arabo incoronato in Campidoglio. Egli era il Sovrano di un vasto territorio; il suo regno comprendeva la Galilea, la Perea ed un certo numero di città greche oltre il Giordano e al Sud dell’Idomeneo. Aveva tutti i privilegi di un monarca indipendente, tranne quello di battere moneta d’oro.
Erode, benché avesse numerosi partigiani, restò impopolare. Molti Ebrei lo consideravano con odio e amara ostilità. Forse non gli perdonavano la sua origine Idumea E’ assai probabile che questo odio sia stato provocato dalla crudeltà e dalle violenze di Erode, o proveniva dal fatto che era uno strumento di Roma, l’uomo di paglia, l’uomo degli imperialisti.
Per qualche tempo la carriera di Erode fu minacciata: ciò avvenne dopo la battaglia di Azio, quando Ottavio divenne il Capo della Repubblica Romana. Ma l’astuto Idumeo si precipitò in aiuto di Didio, Governatore della Siria, quando costui fu attaccato da un gruppo di gladiatori di Antonio e poi si recò a Roma. Ottavio comprese il valore di Erode anche come servitore di Roma, e non solo lo rimise sul suo trono, ma gli dette anche Gerico ed aggiunse le città di Gadara, Hippos, Samria, Gaza, Anthedon, Joppé e Torre di Strathon ai suoi territori.
Per Roma, Erode era l’uomo giusto: egli ben entrava nella politica romana. I giudei potevano chiamarlo “schiavo Idumeo”, ma i romani non facevano alcuna distinzione tra un Giudeo ed un Idumeo. Le simpatie verso l’Ellade di Erode erano ben note ed egli aveva già provato la sua lealtà verso i suoi capi. Inoltre una mano di ferro era necessaria. Erode era assai energico per respingere le orde che saccheggiavano, come quelle dei Parti e dimostrava assai bene quanto Roma confidava in lui. Amministrava l’ordine, reprimeva il brigantaggio, che spesso simulava tentativi di rivolta.
Egli fece costruire nel paese numerosi edifici ed un certo numero di belle città. Egli battezzò Gheva in Galilea, Hechbon in Perea e sulla costa Anthedon, che lui chiamò Agrippeum. Samaria fu convertita in città romana e prese il nome di Sebaste. Ma la più importante costruzione di Erode fu il Tempio di Gerusalemme.

Erode. Ricostruzione del Tempio. Germania XVIII° sec.

Prima della sua morte, Erode divise il suo regno fra i suoi tre figli. Egli lasciò la Giudea ad Archelao, con il titolo di Re; diede la Galilea e la Perea a Erode Antipas con il titolo di tetrarca e legò a Filippo le regioni del Nord-Est anche con il titolo di tetrarca.
Per legge romana, questo testamento tuttavia, doveva venir confermato da Augusto. I Giudei inviarono i deputati dall’Imperatore per chiedergli d’incorporare la Giudea alla Provincia della Siria, sperando che essi avrebbero potuto vivere secondo le loro giuste leggi.
Dopo qualche esitazione, Augusto finì però per confermare il testamento di Erode: Archelao ricevette la Giudea, la Samaria e l’Idumea, ma fu gratificato solo del titolo di Esarca. Ercole Antipas ricevette la Galilea e la Perea e Filippo le regioni di Gaulanitide, d’Auranitide di Trachonitide, dei Batani, di Banias e d’Iturea. Ambedue ricevettero il titolo di Tetrarchi.
Gaza, Gadara e Hippos furono direttamente sottomessi alla Siria. L’Idumea e la Samaria furono messe sotto l’ordine del Procuratore Coponius, che aveva la sua sede sulla costa, a Cesarea, costruita da Erode I°

Cesarea costruita da Erode il Grande

Intanto il giogo romano si appesantiva ogni giorno di più. Poco a poco i Procuratori cominciarono a governare male le Province delle quali erano incaricati. La Palestina, ad eccezione delle città greche, era ora divisa in tre regioni amministrative; i tetrarchi di Erode Antipas e di Filippo e la Provincia di Giudea. Finchè quest’ultima fu governata da un Procuratore, i due tetrarchi furono indipendenti.
Dei tre fratelli che successero ad Erode, Filippo si mostrò il migliore. Egli regnò pacificamente e secondo giustizia. Dopo la sua morte, il suo territorio fu annesso alla Siria.
Erode Antipas, possedeva alcune delle capacità di suo padre ma, accusato di tradimento da Agrippa I°, fratello della sua donna Erodiade, fu privato dei suoi possedimenti da Caligola ed esiliato a Lione.

Disseminate fra la Galilea , la Perea e la tetrarchia di Filippo si trovavano le dieci città greco-romane che costituivano la Decapoli. La capitale Scythopolis si trovava ad ovest della Giordania ed ogni città possedeva un territorio annesso. Alcune di esse erano situate nel mezzo di altre divisioni politiche, e non dipendevano né dai tetrarchi, né dal Procuratore. Queste città avevano sentimenti anti-giudei. La Giudea era dunque ebraica, ma nel suo insieme la Palestina era pagana e greca.

Il Legato della Siria aveva qualche potere sui Procuratori, anche quando la Giudea non faceva parte da un punto di vista amministrativo della Siria. Il Procuratore era soprattutto un agente del fisco che amministrava le tasse e le dogane. Le tasse raccolte erano generalmente consacrate al miglioramento della provincia: strade, porti, edifici pubblici: il resto veniva inviato al Tesoro Imperiale (o fisco).
Oltre a queste attribuzioni fiscali il Procuratore aveva anche poteri militari e giudiziari. Il giudice aveva poteri di vita e di morte. Quando un certo numero di casi erano stati giudicati dai sanhedrini toparchici e dal Gran Sanhedrin, i crimini incorrevano nella pena capitale dal Procuratore romano.

Ma durante un breve lasso di tempo, la maggior parte della Palestina fu ancora riunita sotto lo scettro di un Principe della dinastia di Erode: Agrippa I°, figlio di Aristobulo e nipote di Erode I°. Questo Principe era stato allevato a Roma dove era divenuto amico di Caio, il futuro Imperatore Caligola. Quando egli salì sul trono, Caligola attribuì al suo amico l’antica tetrarchia di Filippo ed il titolo di Re ed in seguito gli fece parimenti regalo della tetrarchia di Erode Antipas (39 d.C.).
L’Imperatore Claudio, che doveva ad Agrippa la sua elevazione all’Impero, diede a quest’ultimo tutto il Paese che già era appartenuto a suo nonno Erode, assieme al diritto di nominare i Gran Sacerdoti. Alla morte di Agrippa, Claudio ebbe dapprima l’intenzione di mettere Agrippa II° al posto di suo padre; ma fu dissuaso e tutto il regno fu amministrato per qualche tempo da un Procuratore. Agrippa II° ricevette il regno di Calcide e, nel 53 d.C., la tetrarchia di Filippo, alla quale Nerone aggiunse parte della Perea e della Galilea, compresa anche la città di Tiberiade. Egli morì nel 100 d.C., la sua tetrarchia conservò la sua esistenza politica dopo la distruzione di Gerusalemme. Agrippa II°, nipote di Erode, “ il grande Re Agrippa, amico di Cesare e dei Romani” così come si faceva chiamare lui stesso sulle sue monete e le sue iscrizioni, fu popolare tra i Giudei. Egli viene rappresentato come un Giudeo pio, rigido osservatore della legge, ed il suo rispetto e la sua deferenza allo sguardo dei capi religiosi del popolo si manifestarono senza riserva. Egli sembra di avere dolorosamente la coscienza di essere uno straniero in Israele, per il fatto di essere d’origine Idumea.

Mentre la Giudea veniva salassata dalle grinfie di Roma, avvenne un fatto che doveva avere lunghe ripercussioni non solamente per gli Ebrei, ma per tutta l’umanità. Nel suolo palestinese, in mezzo agli Ebrei, nasce il Cristianesimo. La vita spirituale ed intellettuale degli Ebrei durante il periodo romano era assai complesso ed aveva un germe di movimenti destinati a rivoluzionare il mondo. L’idea di un Messia “l’Onta del Signore” che sarebbe dovuto venire a liberare Israele, era da molto tempo nello spirito e nel cuore del popolo. I grandi profeti avevano previsto la Sua venuta e Zaccaria aveva promesso il suo apparire se il Tempio fosse stato ricostruito. L’ardente desiderio di un Redentore cresceva di giorno in giorno. Tuttavia le opinioni su questo soggetto differivano. Gli Zeloti, combattendo per la libertà politica della nazione ebraica, per lo Stato ebreo, immaginavano il Redentore con le fattezze di un Principe della dinastia di Davide, che schiacciava la potenza di Roma ed avrebbe donato la supremazia al popolo di Israele; invece gli Ebrei pacifici delle classi povere attendevano un Messia che avrebbe creato un regno di giustizia e di pace.
Gradualmente una nuova idea entrò nello spirito del popolo: quella di un Messia mistico, di un Redentore che avrebbe salvato, non la nazione, ma l’individuo con la forza di una fede personale. Nell’antica credenza di un Redentore si introduceva una nuova nozione: quella della personalità umana che riduceva ed anche rendeva superflua l’esistenza del popolo d’Israele come popolo indipendente. Nel corso della loro lunga lotta contro Roma, numerosi ebrei si erano resi conto che era superiore alle loro forze la possibilità di distruggere la potenza nemica. Solamente il Messaggero di Dio, il Messia, il Superuomo poteva salvare Israele. Ed allora nacque la domanda: il Redentore doveva essere un Messia nazionale, un Principe della casa di David, che avrebbe salvato la nazione nel suo insieme, o un Redentore che avrebbe raccolto ogni uomo in particolare? I difensori dell’indipendenza politica ed anche religiosa tenevano ancora per l’antico concetto, mentre coloro che tendevano al misticismo o che erano dei combattenti e di lotte politiche si lasciavano sedurre dall’idea di una redenzione personale ed individuale opposta ad una redenzione nazionale.
Fu così che il Cristianesimo nacque in terra di Palestina, dando a questo piccolo paese un nuovo titolo di gloria.

L’ingiustizia e le crudeltà dei Procuratori romani incitarono a poco a poco i Giudei alla rivolta, soprattutto quando la religione fu messa in causa. Rivolte e spargimenti di sangue si moltiplicarono. I Giudei, scontenti dell’amministrazione di Albinius (62-64) per la sua avidità e la sua cattiveria, richiesero il suo richiamo. Un altro procuratore Gessius Florus (64-66) fu inviato al suo posto. Ma egli era ugualmente violento e le sue atrocità furono tali che ben presto tutta la Palestina fu messa a fuoco e sangue.
La lotta tra gli Ebrei e Roma doveva per forza scoppiare. Non era possibile alcun compromesso tra il Paganesimo ed il Giudaismo. C’erano troppo pochi punti in comune tra i loro culti, i loro costumi, le loro credenze. In politica il motto di Roma era: la forza premia il diritto, mentre i Giudei sostenevano che il diritto premia la forza. I Giudei dicevano che le pratiche religiose dei romani erano un errore, mentre per i Romani la vita religiosa dei Giudei sembrava un errore curioso. Per tutto il tempo che esistette lo Stato Ebraico, Roma, abituata ad adorare la forza e la potenza, mostrò qualche rispetto per la religione ebraica, benché le sembrasse strana. Ma quando la Giudea divenne un’umile provincia dell’Impero romano, quando Erode salì sul trono con l’appoggio di Roma, e che per guadagnarsi il favore dei suoi capi egli dimenticò più di una volta i principi della fede nazionale, l’attitudine di Roma cambiò. Che gli Ebrei, anche asserviti, continuassero a manifestare per la religione dei loro capi lo stesso errore, era la cosa che Roma non poteva ammettere né tollerare ancora. Quello che fino a quel momento era apparso strano ed incomprensibile divenne rivoltante. I Romani considerarono quasi come blasfemo di proclamare un Dio di una nazione vinta, divinità suprema e Dio unico.
Era un anacronismo in un secolo dove un uomo era dio perché potente e dove era sufficiente essere potente per divenire un dio. Un popolo vinto non aveva il diritto di nutrire un tale orgoglio, basato unicamente sulla coscienza e la forza morale senza avere una potenza materiale che lo sostenesse.

Bisogna riconoscere che il Governo centrale di Roma aveva mostrato un profondo rispetto per certi costumi ebraici. I Romani non potevano comprendere la viva ripugnanza degli Ebrei per le immagini, ma erano ben disposti a fare delle concessioni ed a mostrarsi concilianti. Così nessuna moneta romana fu battuta per la Giudea che non portasse i simboli tradizionali. Le monete con l’effigie dell’Imperatore furono sollecitamente eliminate. Agli occhi dei Romani il punto di vista ebraico era pregiudicato irragionevole, ma essi erano pronti a rispettarlo. Quello che loro detestavano e ripugnavano, era la religione e l’attitudine delle alte classi degli Erodiani, Giudei in Giudea e Romani a Roma. Non sopportavano che essi non avessero il coraggio di essere sinceri di fronte a se stessi. Agrippa, dopo aver spanto lacrime nel Tempio, andò a Cesarea accompagnato dal seguito reale per partecipare alle riunioni ed alle orge romane.

D’altra parte i Giudei erano scontenti dell’amministrazione dei rappresentanti di Roma. Vi furono delle insurrezioni in Palestina. Il Procuratore Florus dovette fuggire da Gerusalemme e Cestius, Governatore della Siria, fu costretto a ritirarsi davanti agli Ebrei. L’altera Roma non poteva perdonare un tale insulto. Bisognava abbattere l’orgoglio degli Ebrei, perché l’onore e gli interessi di Roma erano in gioco. Entrò in scena Vespasiano con una grande armata, sottomise la Galilea e si preparò ad assediare Gerusalemme. Ma nel mezzo dei preparativi per l’assedio, egli ritornò a Roma dove fu incoronato Imperatore e fu suo figlio Tito che ebbe il compito di impadronirsi della città.
Giuseppe, che racconta la caduta della città di Gerusalemme, fu inviato da Tito per persuadere i suoi compatrioti a capitolare; ma i suoi sforzi furono vani. I Giudei erano decisi a combattere Roma fino alla fine e si batterono come disperati. Fu una lotta terribile, una lotta a morte tra due potenze: la forza fisica e materiale di Roma ed il potere spirituale d’Israele. Roma contava sulla forza fisica, sulla potenza , mentre la Giudea era ispirata dalla verità, la giustizia e la religione.
Una delle ultime fortezze a cadere fu quella di Masada nel 73 d.C. Capo dei Romani era Flavio Silva, del quale dopo la battaglia non si conobbe più nulla; capo degli Ebrei era Eleazar ben Yair, che si uccise alla caduta dell’ultima roccaforte ebraica.

La fortezza di Masada

Roma fece una terribile vendetta sul suo nemico. Solo a Gerusalemme morirono un milione di uomini, mentre in tutto il paese ci fu un numero enorme di vittime. Quelli che sopravvissero furono portati in prigionia, venduti come schiavi, inviati nelle miniere d’Egitto o inviati a morte come gladiatori nei circhi romani, sbranati dalle bestie affamate. Settecento fieri e validi guerrieri circondarono il carro di Tito, quando passò sotto l’arco di trionfo al suo ingresso a Roma.

Trionfo di Tito

Ma lo spirito d’Israele trionfò a Roma. La Giudea, come stato politico, era prosternato ai piedi del conquistatore; ma il Dio degli Ebrei, sotto i tratti del Cristianesimo, conquistò Roma tre secoli più tardi. Così la storia della Palestina non fu vana, perché aveva prodotto due valori immortali e duraturi: il Giudaismo ed il Cristianesimo.
Quest’ultimo più saggio, più adattabile, più conciliante, conquistò, grazie a San Paolo, il mondo pagano. La nazione ebraica morì nel mondo politico, ma non sparì mai nel mondo spirituale.
Mai, dopo la distruzione del Tempio ad opera di Tito e la perdita dell’indipendenza politica degli Ebrei, la Palestina non ha più avuto una sua propria storia: dal 70 d.C. ai nostri giorni, la Palestina non è stata più abitata da un’unica nazione. Essa è stata teatro di avvenimenti importanti, ma la storia politica della Palestina è stata mescolata a quella dei suoi abitanti, mai quella del suo stesso paese.

Il periodo della dominazione romana, fu nell’insieme, un periodo di pace e sicurezza e, fino ad un certo punto, di prosperità. Essa viveva in modo antico, attaccata ai suoi campi, alle sue mandrie, ai suoi dei ed ai loro templi. Dopo la caduta di Gerusalemme del 70 d.C, la maggioranza degli Ebrei sopravvissuti se ne andò nelle grandi città del nord della Siria, mentre una colonia di veterani romani si era installata ad Emmaüs, non lontano dalla capitale conquistata. Gerusalemme rimase in rovina. Un Governatore militare fu designato in Palestina e questo paese, fu definitivamente separato dalla Siria.
Le aspirazioni nazionali degli ebrei erano state annientate, ma le speranze nazionali restavano ancora vive. Il Tempio era distrutto, ma la Torah esisteva ancora e la sua influenza era rinforzata. Malgrado l’oppressione, i Giudei di Palestina riuscirono a conservare il loro focolare di attività scientifica ed intellettuale, di studio e di pensiero. Durante i primi tre secoli dell’era cristiana, i grandi Professori del Giudaismo, saggi e rabbini, furono quasi tutti Giudei di Palestina.
Il centro del Giudaismo in Palestina si portò da Gerusalemme verso il nord e attinse nuove forze nelle valli amiche della Galilea e sulla costa occidentale del lago di Tiberiade.. Non scoppiò alcuna rivolta sotto gli Imperatori Flavi, benché la dominazione romana fosse pesante, particolarmente sotto l’avaro Domiziano. Questo Imperatore continuò a non fidarsi degli Ebrei, con i loro sogni messianici. Per lui tutti gli Ebrei che si vantavano di discendere da Davide dovevano venir sterminati; ma solo un paio di poveri artigiani che passavano per essere parenti di Gesù di Nazareth furono arrestati e ben presto rilasciati.
Quando negli ultimi anni del regno di Traiano, i Giudei della diaspora in Egitto, a Cipro e in Mesopotamia, presero le armi contro Roma, gli Ebrei di Palestina non presero alcuna parte alla rivolta. Ma nel 132, sotto il regno di Adriano, una nuova generazione era maturata e trovò abbastanza coraggio per rivoltarsi quando un nuovo tentativo fu fatto per sopprimere la religione ebraica.
Adriano viene considerato per non aver nutrito alcuna intenzione particolarmente ostile verso gli Ebrei. Innamorato dell’arte e grande costruttore, egli desiderava favorire solo la rinascita greca nell’Impero romano. Sull’impalcatura di Gerusalemme distrutta, egli decise di innalzare una nuova città Aelia Capitolina ed un tempio pagano dedicato a Giove doveva venir costruito nello stesso sito dove prima era stato il Tempio di Jehovah.

Mosaico di Aelia Capitolina, costruita da Adriano sulla Gerusalemme distrutta,
ritrovato a Madaba in Giordania. VI° sec. d.C.

L’Imperatore pubblicò inoltre un decreto contro la castrazione e, considerando la circoncisione come una mutilazione del corpo, la proibì. La circoncisione era praticata da numerose nazioni dell’Oriente; ma nessuna religione si trovò così pesantemente attenta nel farla come il Giudaismo. Presso i Giudei il costume della circoncisione non era un atto religioso al quale gli uomini si sottomettevano volontariamente; era una delle leggi obbligatorie e fondamentali della religione. Per i Giudei, il decreto di Adriano costituiva dunque un attacco ben pensato contro la loro fede ancestrale.
Essi avevano pagato il “fiscus judaeus” (era una tassa di 2 dracme istituita da Vespasiano) al posto del tributo annuo di un ½ shekel offerto da tutti gli Ebrei per il Tempio di Gerusalemme. L’Imperatore virò il tributo nazionale degli Ebrei dalla sua destinazione primitiva e l’attribuì al Tempio di Giove Capitolino. Ma la costruzione di un tempio pagano sulla montagna sacra di Sion e la proibizione della circoncisone rituale erano delle questioni religiose, e gli Ebrei rifiutarono di obbedire.
Essi si ribellarono come un sol uomo, con la stupefazione dei Romani, che non supponevano che ci fosse ancora tanto vigore nella nazione vinta. Ancora una volta gli Ebrei si trovarono a combattere contro la potenza romana.

Tutti erano uniti per la difesa della religione, ma coloro che sognavano l’indipendenza politica videro nella guerra l’occasione di ricostituire lo stato ebraico. Essi si radunarono attorno allo stendardo spiegato da un capo coraggioso, un certo Simone, che dichiarava di essere il Messia. I Rabbini, tutti disposti a morire per difendere la religione, considerarono forse con sospetto un combattimento portato nell’arena politica, ma il più famoso fra essi, il celebre Rabba Akiba, salutò Simone come il Messia: Bar-Kockba, il “Figlio della Stella”.
Pieno di coraggio, il capo mostra un notevole talento militare ed inizia con l’essere vittorioso. Il Governatore di Gerusalemme, Annius Rufus, si rivelò inferiore al suo compito e le sue truppe furono incapaci di reprimere l’insurrezione fin dall’inizio. I combattenti ebrei, che una volta di più avevano dichiarato la guerra al potente Impero romano, si riunirono in tutte le piazzeforti: fortezze, caverne e passaggi sotterranei. In poco tempo Bar-Kockba fu capo del paese. Una nuova era sembrava essersi levata per Israele. Il Messia coniò delle monete che nell’esergo portavano scritto “Simon, principe della Giudea”. Egli si impadronì di Gerusalemme, che mantenne per due anni. Il Messia stampò allora sulle sue monete ; “ Per la libertà di Gerusalemme”.
I Romani sorpresi la presero in malo modo e decisero di reprimere il movimento. L’Imperatore moltiplicò l’invio di truppe e il legato di Siria, Publius Marcellus, corse in aiuto al suo collega Annius Rufus, Governatore di Palestina. Tutto fu inutile, fin tanto che Adriano non inviò il suo miglior generale, Julius Severus, che egli richiamò dalla Gran Bretagna. Fu una rude guerra partigiana contro i soldati trascinati a sostenere, e che durò tre anni e mezzo.

L'Imperatore Adriano (in Giudea 129-130 d.C)

Una volta ristabilita la pace, Adriano cercò di cancellare ogni ricordo dell’antica Gerusalemme. Egli fece un decreto che proibiva agli Ebrei di ritornare in questa città sotto la pena di morte. Furono messe delle guardie per impedire anche di avvicinarsi. Fin anche il nome di Gerusalemme scomparve. Una nuova città, chiamata Aelia Capitolina fu fondata sulle sue rovine. Popolata come colonia romana, fu abbellita con gli edifici pubblici abituali: templi pagani, terme, teatri. I Romani affrancati ed i Greci siriani erano i principali abitanti della città. I Cristiani che ricevettero l’autorizzazione d’installarsi erano dei Gentili convertiti, mentre gli Ebrei cristiani o Cristiani ebrei non osavano avvicinarsi alla città. Agli occhi delle autorità romane essi erano ebrei. Adriano fece di tutto per dare ad Aelia Capitolina il carattere di una colonia romana e di una città pagana. Egli fece costruire sul Monte di Sion un tempio dedicato a Giove e delle statue di dei pagani lordarono il Santo dei Santi. Il Governatore Annius Rufus ordinò di sradicare le fondazioni del tempio, e l’aratro fu trascinato sul suo suolo in segno che egli era votato all’eterna desolazione. Eusebio dice che i Cristiani - i Cristiani ebrei – non furono più risparmiati. La fondazione del Santo Sepolcro fu ricoperta di terra e fu costruito un tempio dedicato a Venere sul suolo sacro. Adriano, anche con lo scopo di cancellare definitivamente la loro nazionalità, decise di seguire l’esempio di Antioco Epifanio e di sopprimere il culto ebraico. La lettura della legge e l’osservanza del Sabbath furono proibiti.
Ma nessuna persecuzione fece terminare l’attività intellettuale e religiosa ebraica; e la scienza ebraica sbocciò nella patria ancestrale. Si sviluppò la dottrina rabbinica e gli Ebrei della Palestina esercitarono una supremazia spirituale sui loro correligionari della Diaspora. La Palestina restava sempre il centro dello spirito della cultura israelitica.
Dopo che Tito ebbe distrutto Gerusalemme, siccome la Giudea era divenuta interamente pagana, il centro di attività intellettuale si trasferì nelle colline della Galilea. Era l’epoca quando gli Ebrei dovettero soffrire le persecuzioni di Adriano.

Giorni migliori vennero per essi sotto il regno di Antonino il Pio (138-161 d.C.) che abrogò qualche rigorosa promulgazione. Egli autorizzò la circoncisione a quegli ebrei che abitavano fuori di Gerusalemme. Fu stabilito un Patriarcato ed il primo a portare questo titolo fu Juda I°, compilatore della Mishnah (o Ripetizione). Egli divenne Capo spirituale e temporale degli Ebrei di Palestina e fu riconosciuto come tale dalle autorità romane. A Sephoris, città della Galilea, Juda I° conduceva una vita da nobile funzionario romano ed aveva quotidiane relazioni con i dignitari romani che lo trattavano alla pari.





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