Ovidio fa risalire il primo caso di prostituzione alle Propetidi, fanciulle di Amatunte, nell'isola di Cipro; esse subirono questa condanna per aver offeso Venere.
Sunt tamen obscenae Venerem Propoetides ausae esse negare deam; pro quo sua numinis ira corpora cum fama primae vulgasse feruntur, utque pudor cessit, sanguisque induruit oris, in rigidum parvo silicem discrimine versae. Ma le dissolute Propètidi giunsero al punto di negare che Venere fosse una dea. Per l'ira del nume, si dice che fossero le prime a prostituire il corpo e le grazie loro; come persero il pudore, il sangue si seccò nei loro volti, e furono mutate rapidamente in rigide pietre. (Ovid. Metam. XV. 238-242)
In realtà sappiamo che la prostituzione è antica quanto l'uomo e le fonti ne attestano esempi in tutto il mondo antico, dall'Egitto dei Faraoni al Medio Oriente.
Presso gli Ebrei il fenomeno è condannato dal Talmud: Chi dà denaro ad una donna, dalla mano propria a quella di lei allo scopo di guardarla, anche se possiede la Torah e opere buone come Mosè nostro maestro non sfuggirà alla pena del Ghehinnon (espiazione nell'aldilà). (Cohen 1935). La prostituzione fu presente comunque anche presso il popolo eletto, basta pensare alla "punizione divina" che portò alla distruzione di Sodoma e Gomorra, rimaste nella memoria di tutti i popoli come esempi di corruzione. Questi esempi così antichi non ci permettono tuttavia di far alcun riferimento numismatico. Nell'esaminare il fenomeno nell'antichità spesso si parla di prostituzione sacra, ma all'interno di tale definizione possiamo distinguere diverse forme:
Un esempio del primo caso riguarda le donne di Babilonia e ci viene narrato da Erodoto (Hdt. 1, 199.): Ed ecco la peggiore delle usanze babilonesi. Ogni donna di quel paese deve sedere nel tempio di Afrodite una volta nella sua vita e fare l'amore con uno straniero. Molte, sentendosi superiori per la loro ricchezza, sdegnano di mescolarsi con le altre e si fanno trasportare sopra un carro coperto fino al tempio e lì si fermano, con un gran seguito di servitù. La maggior parte invece si comporta come segue: nel recinto sacro di Afrodite siedono in molte con una corona di corda intorno alla testa, alcune arrivano, altre se ne vanno; con delle funi tese fra le donne si ottengono dei corridoi rivolti in tutte le direzioni: gli stranieri passano attraverso di essi e fanno la loro scelta. Una donna che si sia lì seduta non se ne torna a casa se prima uno straniero qualsiasi non le ha gettato in grembo del denaro e non ha fatto l'amore con lei all'interno del tempio; gettando il denaro deve pronunciare una formula: "Invoco la dea Militta". Con il nome di Militta gli Assiri chiamano Afrodite. L'ammontare pecuniario è quello che è e non sarà rifiutato: non è lecito perché tale denaro diventa sacro. La donna segue il primo che glielo getti e non respinge nessuno. Dopo aver fatto l'amore, e aver soddisfatto così la dea, fa ritorno a casa e da questo momento non le si potrà offrire tanto da poterla possedere. Le donne avvenenti e di alta statura se ne vanno rapidamente, ma quelle brutte rimangono lì molto tempo senza poter adempiere l'usanza; e alcune rimangono ad aspettare persino per tre o quattro anni. Una usanza assai simile esisteva anche in qualche parte dell'isola di Cipro. (traduzione tratta dal sito http://dariosoldani.interfree.it/erodoto/storieI.html.) Ed un altro, relativo al culto di Iside, ci viene da Luciano di Samosata (De syria Dea. 6): μετὰ δὲ τῇ ἑτέρῃ ἡμέρῃ ζώειν τέ μιν μυθολογέουσι καὶ ἐς τὸν ἠέρα πέμπουσι καὶ τὰς κεφαλὰς ξύρονται ὅπως Αἰγύπτιοι ἀποθανόντος Ἄπιος. γυναικῶν δὲ ὁκόσαι οὐκ ἐθέλουσι ξύρεσθαι, τοιήνδε ζημίην ἐκτελέουσιν· ἐν μιῇ ἡμέρῃ ἐπὶ πρήσει τῆς ὥρης ἵστανται· ἡ δὲ ἀγορὴ μούνοισι ξείνοισι παρακέαται, καὶ ὁ μισθὸς ἐς τὴν Ἀφροδίτην θυσίη γίγνεται. dipoi nel giorno appresso contano che egli rivive, e lo mandano in cielo, e si radono il capo, come gli Egizii quando muore Api. Le donne che non vogliono radersi hanno questa pena: per un giorno la loro bellezza è esposta in vendita; ma i soli forestieri possono comperarla, e il prezzo è sacro a Venere. (traduzione: Opere di Luciano voltate in italiano da Luigi Settembrini, Le Monnier, Firenze 1861). Riportiamo un'immagine tratta da acsearch e proveniente dagli archivi del Numismatic Ars Classica. Il secondo caso è narrato da Giustino (Iust. XVIII 5, 4): Mos erat Cypriis virgines ante nuptias statutis diebus dotalem pecuniam quaesituras in quaestum ad litus maris mittere, pro reliqua pudicitia libamenta Veneri soluturas. Era usanza che le vergini cipriote prima delle nozze si recassero in giorni stabiliti sulla riva del mare per procurarsi la dote e il denaro da offrire in voto a Venere affinchè preservasse la loro futura castità. ...e da Valerio Massimo, che ricorda come le donne africane di Sicca Veneria, nell'ambito del culto prestato a Venere, si prostituissero per farsi la dote (Val Max. 2.6.15): Cui gloriae Punicarum feminarum, ut ex conparatione turpius appareat, dedecus subnectam: Siccae enim fanum est Veneris, in quod se matronae conferebant atque inde procedentes ad quaestum, dotis corporis iniuria contrahebant, honesta nimirum tam inhonesto uinculo coniugia iuncturae. E al loro vanto aggiungerò la vergogna delle donne puniche, affinche al confronto appaia ancor più turpe: a Sicca infatti c'è un tempio di Venere, nel quale le donne si radunavano e da lì, prostituendosi, ottenevano la dote vendendo i loro corpi, contaminando un matrimonio onesto con un rapporto disonesto. Il terzo caso, quello della "prostituzione templare" appare molto più frequente, anche se non sempre è totalmente comprovato dalle fonti: "Un documento amministrativo del tempio di Astarte, su alabastro del 470 a.C. Trovato a Kition (Larnaka) nel 1879, potrebbe far pensare alla presenza di personale dei due sessi dedito alla prostituzione sacra" (Ribichini 2001, 59) Sembra certo che a Erice, nel tempio di Venere ericina, tale forma fosse praticata: consoli e pretori romani, ogniqualvolta venivano in Sicilia, non mancavano di onorare il temenos di Erice con sacrifici e onori magnifici. Diodoro aggiunge poi che essi, a dispetto della severità del loro incarico, "deponevano il rigore della loro autorità, passavano allo svago e s'intrattenevano con delle donne in grande allegria" (Ribichini 2001, 57). A Erice si svolgeva una solenne celebrazione durante la quale sfilavano le prostitute sacre, o ierodoulae. Essa si svolgeva alla presenza degli abitanti e degli stranieri di passaggio, tra i fumi dell'incenso e della mirra e con danze orientaleggianti (Spano, 2009, 54). Un altro tempio che certamente ospitò le ierodulae fu quello di Locri Epizephirii nel Brutium. Narra Giustino (Iust. XXI 3, 2): Cum Reginorum tyranni Leophronis bello Locrenses premerentur, voverant, si victores forent, ut die festo Veneris virgines suas prostituerent. Quando i locresi furono attaccati dal tiranno di Reggio Leofrone fecero voto che, se avessero vinto, avrebbero fatto prostituire le loro figlie nel giorno sacro a Venere. Possiamo ritenere che il fenomeno, anche se non confermato dalle fonti, fosse presente anche in altri santuari della dea, in Fenicia, in Asia Minore, sulle coste dell'Adriatico. Possiamo citare i templi di Corinto, di Cnido, di Efeso, forse quello di Ancona e, sulla costa illirica, quello di Durazzo (Epidamno, poi Dyrrachium). Quest'ultima città, anche per la presenza del tempio nel quale forse si praticava la prostituzione sacra, fu chiamata da Catullo la taverna (o il bordello) dell'Adriatico: quaeque Durrachium, Hadriae tabernam. (Carm. 36, 15). Ma certamente una delle sedi più famose, anche per l'ingente numero delle ierodulae fu, a Corinto, il tempio di Afrodite. Strabone fa ascendere a mille il numero delle fanciulle che praticavano la prostituzione sacra (Geogr. VIII, 20): τό τε τῆς Ἀφροδίτης ἱερὸν οὕτω πλούσιον ὑπῆρξεν ὥστε πλείους ἢ χιλίας ἱεροδούλους ἐκέκτητο ἑταίρας. Il tempio di Afrodite era così ricco da possedere più di mille prostitute sacre. Il culto della Dea a Corinto era così sentito che la città le rese omaggio anche con le proprie dracme, riportando su di esse la sua immagine. Cnido fu famosa in tutta la Grecia per la statua di Afrodite, opera di Prassitele che la realizzò, stando ad Arnobio, ad formam Cratinae meretricis prendendo come modella l'etéra Cratine (Arnob. Nat VI 13,1). L'opera è nota per essere stata probabilmente la prima rappresentazione di nudo femminile. La statua fu poi acquisita da Lauso, ministro eunuco di Teodosio II e andò perduta nell'incendio del suo palazzo di Costantinopoli. Come abbiamo anticipato parlando di Cratine, non c'erano - ovviamente - solo le prostitute sacre, ma ovunque nel mondo antico il fenomeno era presente. Ad Atene Solone regolò l'attività dei dicteria, le case di tolleranza, facendola diventare un vero e proprio "monopolio di stato" (Sanger - 1858, 45). Le Dicteriades erano la categoria più bassa, seguite dalle Auletrides, o suonatrici di flauto e infine dalle Etére. Tra le modelle di Prassitele appare anche il nome di un'altra famosa etéra, Frine! Il culto della Dea Cnidia si rivolse poi a occidente, seguendo le rotte dei navigatori di quella città e le loro colonizzazioni: dalle Eolie alle coste orientali dell'Adriatico; fu loro colonia Pharus (Curzola - Corcula). Secondo Ateneo fu lei, e non Cratine, la modella dell'Afrodite di Cnido: Καὶ Πραξιτέλης δὲ ὁ ἀγαλματοποιὸς ἐρῶν αὐτῆς τὴν Κνιδίαν ᾿Αφροδίτην ἀπ' αὐτῆς ἐπλάσατο (Ath. XIII. 59). La modella di Prassitele fu una cortigiana famosa e molto ben pagata, al punto che si disse disposta a ricostruire le mura di Tebe, capoluogo della sua natia Beozia (era nata a Tespi), purchè vi fosse apposta una lapide con la scritta: "distrutte da Alessandro, ricostruite da Frine, l'etéra"... ovviamente non se ne fece nulla. Sempre Ateneo di Naucrati dice che essa ispirò anche il pittore Apelle per la sua famosa Afrodite anadiomene quando, durante le Feste eleusinae ed in quelle poseidoniae, si svestì, si sciolse i capelli e si immerse nel mare. Ma l'episodio per cui è maggiormente ricordata l'etéra di Tespi riguarda il processo che le fu intentato con l'accusa di aver profanato i Misteri Eleusini; il suo avvocato, Iperide, davanti all'Aeropago fece cadere la tunica dell'imputata e, di fronte a tanta bellezza, i giudici non ebbero il coraggio di condannarla. La storia greca ci riporta a molte figure di etére, alcune delle quali ebbero, attraverso i loro amanti, la possibilità di influire su scelte politiche spesso importanti. Ricordiamo Aspasia, amata da Pericle. Nata a Mileto, si era trasferita ad Atene dove, secondo alcuni, era tenutaria di una casa di tolleranza e praticava la professione di etéra. Ricordiamo che tale figura femminile non è alla concezione moderna, ma che essa comportava una somma di conoscenze e competenze non solo sessuali ma estese alla letteratura, alla musica, alla filosofia... Aspasia, dopo essere stata amata anche da Alcibiade divenne l'amante di Pericle e successivamente, secondo alcuni, la sua moglie legittima ed ebbe da lui un figlio. Sulla figura di questa donna, tuttavia, gli storici, anche recenti, hanno formulato ipotesi diverse e spesso contrastanti, alcune delle quali ne negano la tradizionale professione e la indicano invece come una donna di grande intelligenza e culura filosofica. Riportiamo la più nota tra le monete ateniesi del tempo di Aspasia, un tetradrammo, che probabilmente corrispondeva alle competenze di un'etéra particolarmente colta e attraente. Dagli archivi del Classical Numismatic Group Lais, o Laide, nacque in Sicilia, ad Icari, Hykkara (l'odierna Carini. N.d.R.) e fu presa schiava dagli Ateniesi di Nicia quando, nel 415 a.C., durante la sfortunata spedizione contro Siracusa, distrussero la città; fu poi a Corinto dove era così stimata da poter chiedere somme impensabili a chi volesse passar del tempo con lei. Trasferitasi in Tessaglia suscitò l'interesse di tutti i Tessali, ma l'ira delle loro donne, che l'uccisero a colpi di sgabello durante un rito femminile in onore di Venere, al quale gli uomini, che altrimenti l'avrebbero difesa, non partecipavano (Visconti, 1821,4). La Tessaglia, punita dalla dea dell'amore con una pestilenza a espiazione di tale misfatto, le costruì uno splendido sepolcro. Ma un altro, forse un cenotaffio, le fu eretto a Corinto; il monumento ci viene descritto da Pausania (L. II, 2, 4): καὶ τάφος Λαΐδος, ᾧ δὴ λέαινα ἐπίθημά ἐστι κριὸν ἔχουσα ἐν τοῖς προτέροις ποσίν. e il sepolcro di Laide, in cui una leonessa che sovrasta un ariete, lo afferra con le zampe anteriori. Il sepolcro di Laide divenne poi, durante il regno di Adriano (117-138), tema di monete corinzie. Una di esse destò anche l'interesse dell'Eckel (Eckel, 1839. 239). Ne riportiamo un'immagine tratta da acsearch e proveniente dagli archivi di Numismatik Lanz München. Tra le auletridi o suonatrici di flauto la più famosa fu forse Lamia, che "esercitò" per circa vent'anni ad Alessandria ed ebbe come cliente affezionato lo stesso Tolomeo I Sotere, sovrano d'Egitto. Passò poi, ormai quarantenne, a Demetrio Poliorcete, noto per essere insaziabile nelle proprie pulsioni erotiche di ogni tipo. Il nome lamia ha il significato di vampiro, e sembra che Demetrio mostrasse spesso sul collo i segni di una passione sfrenata. Quando il sovrano macedone impose agli Ateniesi una tassa di 250 talenti, si disse che servivano a Lamia per acquistare profumi e sapone, e gli Ateniesi dissero allora, con amara ironia, che Lamia doveva essere molto sporca! (Sanger 1858, 53) Proponiamo qui i ritratti di Tolomeo I Sotere e di Demetrio Poliorcete, tratti da acsearch e provenienti dagli archivi del Classical Numismatic Group. É famosa anche la storia, narrata da Plutarco (Alex. 38) che narra come Taide (Thaïs), etéra al seguito di Alessandro il Grande, lo abbia indotto a incendiare Persepoli, a conclusione di uno di quei sfrenati banchetti cosí frequenti alla corte del Macedone. Ecco il testo, nell'originale e nella nostra traduzione: ἐν δὲ τούτοις εὐδοκιμοῦσα μάλιστα Θαῒς ἡ Πτολεμαίου τοῦ βασιλεύσαντος ὕστερον ἑταίρα, γένος Ἀττική, τὰ μὲν ἐμμελῶς ἐπαινοῦσα, τὰ δὲ παίζουσα πρὸς τὸν Ἀλέξανδρον, ἅμα τῇ μέθῃ λόγον εἰπεῖν προήχθη, τῷ μὲν τῆς πατρίδος ἤθει πρέποντα, μείζονα δ’ ἢ καθ’ αὑτήν. ἔφη γάρ, ὧν πεπόνηκε πεπλανημένη τὴν Ἀσίαν, ἀπολαμβάνειν χάριν ἐκείνης τῆς ἡμέρας, ἐντρυφῶσα τοῖς ὑπερηφάνοις Περσῶν βασιλείοις· ἔτι δ’ ἂν ἥδιον ὑποπρῆσαι κωμάσασα τὸν Ξέρξου τοῦ κατακαύσαντος τὰς Ἀθήνας οἶκον, αὐτὴ τὸ πῦρ ἅψασα τοῦ βασιλέως ὁρῶντος, ὡς ἂν λόγος ἔχῃ πρὸς ἀνθρώπους, ὅτι τῶν ναυμάχων καὶ πεζομάχων ἐκείνων στρατηγῶν τὰ μετ’ Ἀλεξάνδρου γύναια μείζονα δίκην ἐπέθηκε Πέρσαις ὑπὲρ τῆς Ἑλλάδος. ἅμα δὲ τῷ λόγῳ τούτῳ κρότου καὶ θορύβου γενομένου καὶ παρακελεύσεως τῶν ἑταίρων καὶ φιλοτιμίας, ἐπισπασθεὶς ὁ βασιλεὺς καὶ ἀναπηδήσας ἔχων στέφανον καὶ λαμπάδα προῆγεν· οἱ δ’ ἑπόμενοι κώμῳ καὶ βοῇ περιίσταντο τὰ βασίλεια, καὶ τῶν ἄλλων Μακεδόνων οἱ πυνθανόμενοι συνέτρεχον μετὰ λαμπάδων χαίροντες. ...fra le quali c'era la famosissima Taide, Ateniese, che era l'etéra di Tolomeo, che sarebbe poi divenuto re. Lei, ora lodando Alessandro, ora vezzeggiandolo, quando si comincò a bere, iniziò un ragionamento che, anche se era tipico delle usanze della sua patria, non era consono alla sua condizione di donna. Ella disse di aver ottenuto in quel giorno la ricompensa di tutte le fatiche che aveva sostenuto nel venire in Asia poiché si sentiva felice all'interno degli splendidi palazzi dei Persiani, ma sarebbe stata ancor più felice se avesse potuto ridurre in cenere il palazzo di Serse, che aveva incendiato Atene, la sua patria. Allora, sotto gli occhi del re, accese una fiaccola, affinchè gli uomini potessero dire che le donne al seguito di Alessandro avessero inflitto ai Persiani, per vendicare la Grecia, una punizione maggiore di quella ottenuta dai suoi famosi generali in terra e in mare. A queste parole sorse un applauso rumoroso e frenetico. I compagni del re lo spronarono, ed egli, levatosi in piedi, con la corona in capo, con la fiaccola davanti a sé li guidava. Tutti i presenti, gridando e rumoreggiando, seguirono il re; e gli altri macedoni, avendo sentito il rumore, accorsero subito felici, con le fiaccole. Dal panorama, necessariamente sommario, della prostituzione in Oriente e in Grecia, spicca il ruolo significativo delle etére, che seppero riscattarsi dalla subalternità della posizione femminile nell'antichità, proponendosi come promotrici di attività artistiche, filosofiche e culturali in genere, non trascurando di rivendicare anche la loro capacità, di intervenire nelle decisioni politiche. Possiamo considerarle forse, nei limiti che la società del tempo imponeva loro, le prime "femministe". |
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