Introduzione

Questo lavoro propone alcuni esempi di personaggi particolarmente ricchi dell'antica Roma. I collezionisti vedono talora dei bei sesterzi, li valutano dal punto di vista della conservazione, della rarità e della patina... Ma raramente si pongono la domanda: “quanti ne avevano ?”
Ecco perchè abbiamo scelto come titolo l'altisonante “DE DIVITIIS” (“sulla ricchezza”).

Molti sono gli studi sugli stipendi e sul costo della vita nell'antica Roma. Essi sono estremamente utili al numismatico che ama l'approfondimento e che vuol porre le monete nel loro contesto storico (K. W. Harl, 1996).
Dell'argomento daremo qui solo qualche breve e schematica informazione, solo per dare un'idea dell'effettiva ricchezza dei Romani più abbienti.
Vogliamo quindi, fare un po' di gossip, citando alcuni esempi di ricchezze... esagerate!


HS: il sesterzio

Per una questione di chiarezza, è imprescindibile dare informazioni sul numerario usato come unità di conto: “Il sesterzio quindi venendo a sostituire l'asse antico, diventa moneta di conto per eccellenza. Le tasse e le multe, ab antiquo stabilite in assi, e la maggior parte dei contratti si conteggiarono in sesterzi”.
Essi furono coniati dapprima in argento (¼ in peso ed in valore del denario), con un peso pari ad uno scrupolo ed a 1/288 di libbra (1,137 g) (Gnecchi, 1935), e successivamente, dal 43 a.C., in bronzo e/o in oricalco.
Un sesterzio valeva in origine due assi e mezzo (Amisano, 2001) (semis tertius: due assi più la metà di un terzo asse). Successivamente, dall'inizio della Seconda Guerra Punica, quando il valore del denario passò da 10 a 16 assi, fu pari a 4 assi.(48 g) (Grant, 2001).
Tenuto però conto che tali monete, già sotto Nerone, erano spesso di oricalco e non di bronzo e che l'oricalco, di maggior valore, serviva talora anche per fare anche assi e semissi, il sesterzio pesò 28 g ed ebbe come segno di valore "I I S", cioè duo et semis: due assi e mezzo (Frey, 1947).
Tale simbolo fu poi reso con la sigla "H S".


Schema della numerazione classica romana
I
II
III
IV
V
VI
VII
VIII
IX
X
1
2
3
4
5
6
7
8
9
10
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
XX
XXX
XL
L
LX
LXX
LXXX
XC
C
 
20
30
40
50
60
70
80
90
100




Schema della monetazione romana ai tempi di Augusto.
 
quinarii aurei
denarii
quinarii argentei
sestertii
dupondii
asses
semisses
quadrantes
aureus
2
26
50
100
200
400
800
1600
quinarius aureus
1
12 et 1/2
25
50
100
200
400
800
denarius
 
1
2
4
8
16
32
64
quinarius argenteus
 
 
1
2
4
8
16
32
sestertius
 
 
 
1
2
4
8
16
dupondius
 
 
 
 
1
2
4
8
as
 
 
 
 
 
1
2
4
semissis
 
 
 
 
 
 
1
2
quadrans
 
 
 
 
 
 
 
1


Dobbiamo però considerare che, parlando di lussi e ricchezze, spesso si arrivava a cifre di migliaia e di milioni: come facevano a scrivere cifre così alte?



Il numero inserito tra parentesi oppure un trattino sopra il numero stesso significava
che esso andava moltiplicato per mille:


(XIII)

oppure

XIII

significava 13.000

Tre trattini (ai lati e sopra il numero) indicavano che esso andava moltiplicato per 100.000:


|XIII|

significava 1.300.000



Per una corretta traduzione dei testi latini nei quali compare il vocabolo sestertius (di genere maschile), dobbiamo sottolineare che:
  • il genitivo plurale è sestertium (oltre che sestertiorum);
  • se tale genitivo segue un avverbio numerale significa che va moltiplicato per 100.000, per cui centies sestertium non significa “cento sesterzi” ma 10.000.000 di sesterzi (Campanini-Carboni, 1961);
  • il genitivo sestertium può venire erroneamente inteso anche come singolare neutro, dando luogo al plurale sestertia che, preceduto da un numerale cardinale lo moltiplica per 1000: quattuor sestertia = 4.000 sesterzi (Stevenson, Smith, Madden, 1989).


    Valore in euro

    Per avere un'idea del valore di un sesterzio dobbiamo però far riferimento al costo della vita e agli stipendi della gente comune (Lamoneta.it, biblio).
    Anche se il calcolo appare azzardato a causa delle differenze relative tra i prezzi, è stata ipotizzata una corrispondenza tra sesterzio ed euro pari a 1:2 (Gargiuli M., biblio);
    altri sostengono un valore maggiore per il sesterzio, da 1:5 a 1:10 ( Ulisse 2002-2006.rai.it., biblio).

    ----------------------

    Esaurite queste indispensabili premesse, iniziamo finalmente a fare i conti in tasca a qualche personaggio famoso, per passare quindi alla descrizione di case, oggetti e stili di vita particolarmente costosi.
    Ogniqualvolta ci sarà possibile daremo il valore in sesterzi.


    Cicerone

    Marco Tullio Cicerone (106-43 a.C.) nacque da famiglia agiata di Arpino e quindi non fu romano in senso stretto. Il cognomen Cicero derivava probabilmente da una grossa verruca di un suo antenato (cicero significa “cece”). Si dedicò alla letteratura, alla filosofia e all'oratoria: influì fortemente sulla vita politica di Roma.
    Ostile, anche per tradizione familiare al partito di Silla, preferì lasciare Roma durante la dittatura sillana e si recò ad Atene e a Rodi. Qui fu affascinato dalla filosofia e dalla cultura greca. Tornò a Roma dopo la morte di Silla ed intraprese la carriera politica, affiancandola alla professione forense, intrecciando abilmente le due attività. Famose le sue orazioni: ricorderemo ad esempio, il processo contro Lucio Sergio Catilina e quello contro Verre, accusato per essersi troppo arricchito. Durante la guerra civile fu esiliato; ottenne poi il perdono da Cesare ed alla sua morte, schieratosi con Bruto, fu ucciso dai sicari di Antonio nella sua villa di Formia.
    Ne ebbe tre di ville sontuose: una sul Palatino, costata due milioni di sesterzi, una a Tuscolo e una a Formia, ma le sue proprietà immobiliari tra ville e pied-à-terre erano 18 (Masè-Dari, biblio); solo la casa sul Palatino gli era costata tre milioni e mezzo di sesterzi (Cic, fam. 5, 6).
    Dalle diverse case destinate all'affitto ricavava 80.000 sesterzi all'anno (Cic, att. 16, 1).
    Cicerone ebbe l'abilità di presentarsi sempre come un “puro”, un difensore dello Stato e un nemico dei ricchi corrotti, ma forse non era indenne da questi stessi difetti. Si dice che la sua sostanza ammontasse a venti milioni di sesterzi (Masè-Dari, biblio).
    Acquistò statue per la villa di Tuscolo spendendo più di 20.000 sesterzi, ebbe in prestito due milioni di sesterzi da Silla, mentre era in esilio. Attico gli donò 250.000 sesterzi. In banca ad Efeso ne aveva per 2.400.000 (Petersson, 1920).
    Pur nella sua dedizione alla cultura, alla filosofia e allo stato, anche Cicerone, per quel che riguarda i soldi, ci sapeva fare...



    Crasso

    Marco Licinio Crasso sposò la causa di Silla nella guerra civile (83 - 82 a.C.). Si distinse come comandante delle forze romane nella repressione della rivolta di Spartaco (73-71 a.C.). Divenne poi console con Pompeo (70 a.C.). Con Cesare e Pompeo formò il primo triumvirato (60 a.C.). Ebbe poi il governo della Siria. Fu sconfitto e ucciso dai Parti nella battaglia di Carre, nel 53 a.C. Dione Cassio (40, 27), Cicerone (de off. 1, 30) e Floro (3, 11) narrano che, per la sua proverbiale sete d'oro, i Parti lo abbiamo ucciso versandogli in gola dell'oro fuso, mentre Plutarco fornisce una versione meno truculenta della sua morte, facendolo morire in uno scontro successivo alla cattura da parte di Surena, capo dei Parti (Domenichi, 1620). La leggenda dell'oro liquido venne ripresa anche da Dante nel XX canto del Purgatorio (Lombardi, 1822).
    Certo fu che Crasso era maestro in "Intrecci tra politica e finanza, come si fa politica col denaro e come si fa denaro con la politica !".
    Ma veniamo ai suoi beni. Il suo patrimonio ammontava a 192 milioni di sesterzi! I Parti lo consideravano l'uomo più ricco del mondo, ma, secondo Tacito era più ricco ancora il liberto Pallante, già schiavo di Antonia, madre dell'imperatore Claudio; il cui patrimonio ammontava a 300 milioni di sesterzi (Tac. Ann. 12, 53).
    La figura di Crasso, rivisitato come un capitalista moderno, è ben descritta da Howard Fast nel suo romanzo su Spartaco e dal film di Stanley Kubrick, del 1960, nel quale la figura di Crasso è interpretata dal grande Sir Lawrence Olivier.



    Pallante, il ricco liberto

    Parlando di Crasso abbiamo detto di Pallante che secondo alcuni era ancora più ricco del nobile triumviro.
    Per essere un liberto, un ex schiavo, questo personaggio ne fece, di carriera, giungendo addirittura a divenire l'amante di Agrippina (Wikipedia, biblio).
    Contribuì a sostenere l'ascesa al trono di Nerone, avendone appoggiato l'adozione, e ad amministrare le finanze dell'Impero. Sembra però che alla fine Nerone ne abbia decretato la morte (Tac. ann. 14, 65).
    La ricchezza di Pallante fu proverbiale. Nella prima satira di Giovenale un liberto dice: “ ...io sono più ricco perfino di Pallante...” (Gioven, sat. 1, 108).
    Si dice che possedesse trecento milioni di sesterzi (Tac. ann. 13, 53).
    Ma Pallante era già potente ai tempi di Claudio. Alla morte di Messalina aveva anche appoggiato la candidatura di Lollia Paolina, quale nuova moglie dell'Imperatore Caligola (Tac. ann. 12, 1).


    Lollia Paolina, la bella ereditiera

    Paolina era nipote di una lontana parente di Tiberio per parte di madre e, per parte di padre, di Marco Lollio Paolino, governatore della Galatia, poi accusato di estorsione e peculato.
    Ereditò molto dai parenti, ma fu famosa anche per la sua bellezza.
    Caligola la sposò in terze nozze nel 31, dopo averla costretta (o indotta) a divorziare da Publio Memmio Regolo. Accusata poi di maleficio da Agrippina nel 49, fu privata dei beni e costretta all'esilio (Wikipedia, biblio).
    Plinio narra che si presentò ad un banchetto indossando perle per un valore di 40 milioni di sesterzi; "Io vidi Lollia Paolina che fu moglie di Caio (Caligola) imperatore, non già in qualche grave e solenne apparato di sacre cerimonie, ma anche ad una cena di povere nozze, coperta di smeraldi e di perle, con ricchissimi frammessi in tutto il capo, ne' capelli, ne' ricci, agli orecchi, al collo, alle braccia, alle dita: tanto che non aveva addosso meno di quattrocento mila sesterzi; ed era sempre pronta a mostrarne carta. Né questi erano doni dello stemperato principe, ma beni di casa, graffiati nello assassinio delle provincie!”




    Caligola, marito di Lollia Paolina, Imperatore stemperato

    Le sue prodigalità superarono tutte quelle immaginate fino ad allora. Inventò un nuovo genere di bagni, costosissimi tipi di cibi e di pasti, sia immergendosi in essenze calde e fredde, sia sorbendo perle preziosissime liquefatte nell'aceto e facendo servire ai suoi commensali pani e alimenti d'oro, perchè ripeteva continuamente che doveva essere o un uomo frugale o un Cesare.
    Per di più stanziò una somma considerevole da far cadere sul popolo e per più giorni, dall'alto della basilica Giulia. Fece anche costruire navi liburniche a dieci ordini di remi, con le poppe ornate di pietre preziose, le vele a colori cangianti. Nelle navi vi si trovavano terme, portici, ampie sale da pranzo e perfino diverse qualità di vigne e di piante fruttifere: sedendo a banchetto, in pieno giorno, tra danze e concerti, veleggiava lungo le coste della Campania.
    Quando si faceva costruire palazzi o case di campagna ciò che in lui superava ogni altra considerazione era il desiderio di vedere eseguito quello che veniva considerato irrealizzabile. Così furono gettate dighe in un mare pericoloso e profondo, furono tagliate rocce di pietra durissima, furono innalzate pianure, con terra di riporto, all'altezza dei monti e, mediante scavi, furono livellate cime delle montagne, il tutto con una rapidità incredibile.
    Ogni ritardo veniva punito con la morte.
    Senza scendere nei particolari, in meno di un anno, sperperò somme enormi oltre a tutto il famoso patrimonio di Tiberio che ammontava a due miliardi e settecento milioni di sesterzi (Svet. cal. 37).




    Petronio Arbitro

    Vi è incertezza sia sul nome esatto che sulla sua effettiva paternità del Satyricon, che è forse il più noto romanzo della letteratura latina.
    Tacito (ann. 16, 18-19) gli attribuisce il praenomen di Caius e parla della sua ricchezza, della sua raffinatezza, della sua amicizia con Nerone, dell'odio che per lui nutrì Tigellino e della sua morte.
    Secondo Plinio (hn. 27, 2, 20), che ne parla attribuendogli il praenomen Titus, prima di morire volle spezzare una splendida tazza, che aveva pagato 300 sesterzi, affinché non cadesse nelle mani di Nerone.
    Nel romanzo più di una volta l'arbiter elegantiarum utilizza la cifra di trenta milioni di sesterzi per indicare un patrimonio cospicuo, e può darsi che facesse un implicito riferimento a se stesso.


    Gallieno

    Trebellio Pollione narra i divertimenti di Gallieno (260-268):
    "XVI. Costruiva letti di rose e castelli di mele. Fece vassoi di gioielli e d'oro. Si mostrava in pubblico con la corona di raggi, e a Roma, dove gli imperatori indossavano la toga, portava un mantello di porpora e un vestito, con le maniche lunghe, sempre color porpora e in più bordato d'oro; preferiva decorazioni effeminate, come gioielli nei capelli, sulla cintura e sui lacci degli stivali. Offriva numerosi e demagogici banchetti pubblici. Inoltre mangiava seduto".





    Da dove venivano tutti questi soldi?

  • Scipione, dopo la vittoria di Zama, portò a Roma 123.000 libbre d'argento (Liv, 30, 45), ma ne rubò altre 4473 (Plin, hn, 33, 11).

  • Per dare un'idea di quanto oro confluisse a Roma basta ricordare che Traiano, al ritorno dalla campagna di Dacia, riportò cinque milioni di libbre d'oro e dieci d'argento:


    Il testo in cui Giovanni Lido descrive il bottino di Traiano





    Le case

    I soffitti a riquadri, che per la prima volta furono ricoperti d'oro nel Campidoglio dopo la sconfitta di Cartagine, si diffusero anche nelle case private (Plin, hn, 33, 3).
    Le case erano sostenute da colonne altissime, di marmo, con capitelli spesso dorati (Giov., sat. VII, 182-183 – Amm. Marc. hist. 36 – Plin, hn, 36, 2 – Stat, silv. 1, 2, 152 – Mart, ep, 13, 5-6 ).

  • Crasso aveva una casa stimata 300 sesterzi (Val. Max, IX, 1) e diceva di aver comperato dieci colonne per centomila nummi (Val. Max. IX, 1. 4);

  • Clodio comperò la sua casa per 148 sesterzi (Plin, hn, 36, 15);

  • Hirrio ricavava da proprietà immobiliari 12.000 sesterzi all'anno (Varro, rust, 3, 17) e vendette una casa per 400 sesterzi;
  • Marco Lepido, collega di Catulo nel consolato, aveva l'ingresso di marmo della Numidia (Plin, hn, 36, 6);

  • Mamurra, originario di Formia, cavaliere romano e comandante del Genio militare con Cesare in Gallia, per primo decorò tutta la sua casa del Celio con lastre di marmo (Plin, hn, 31, 6);

  • Gordiano III° aveva nel peristilio della sua villa duecento colonne (SHA. Gord, 9, 11);

  • Nerone. Ma tra le case ovviamente quella che resta la più famosa è la Domus Aurea. Così ce la descrive Svetonio “... distrutta dall'incendio e restaurata, la chiamò Aurea. Nel vestibolo trovava spazio una statua colossale, alta 120 piedi, che lo raffigurava: tre lati del portico erano lunghi un miglio: un laghetto , quasi un mare, era circondato da case, come in una città.



    Al di sopra campi coltivati e vigneti, e pascoli e diversi boschetti, con molti animali domestici e selvatici di ogni genere. Nel resto della casa tutto era ricoperto d'oro, cosparso di gemme e di madreperla. I soffitti delle sale da pranzo erano coperti da tavolette d'avorio dalle quali scendevano sugli ospiti petali di fiori e profumi. La sala da pranzo principale era rotonda e girava giorno e notte su se stessa, come la Terra. Nelle vasche da bagno scorrevano acque di mare o acque albulae...” (Svet. Nero, 31).



  • La villa di Adriano. Ma non era da meno la Villa di Adriano di Tivoli, che merita davvero una visita. Il raffinato imperatore, amante della Grecia e dei suoi costumi, cercò di ricreare in essa famosi ambienti dell'Ellade: il Liceo, la Stoà Poikìle, l'Accademia, il Pritanéo, la Valle di Tempe, località della Tessaglia sacra ad Apollo (SHA. Hadr., 26). Oltre alle ricostruzioni citate vi erano teatri, la palestra, la biblioteca, la pinacoteca, lo stadio, la piscina, il palazzo imperiale... era una città vera e propria, più che una villa. Oggi si possono apprezzare ancora molti resti della villa che nel corso dei secoli subì devastazioni e oltraggi, tra i quali ricorderemo la devastazione degli Ostrogoti di Totila del 544 d.C. durante l'assedio di Tivoli, nel corso della Guerra Gotica (Procop. bell. goth. 3, 10). Per una descrizione approfondita dal punto di vista storico si rimanda a: Nibby, 1827.




    Alcuni esempi di redditi

  • Tigellio guadagna 1000 sesterzi in cinque giorni... (Hor, sat. 1, 3, 25);

  • Curione figlio si è invece indebitato per 6000 sesterzi (Val. Max. 9, 1);

  • Caligola, in meno di un anno ne spese 33.000 in cene, bagni ed unguenti, perle da bere dopo averle sciolte nell'aceto, (Suet, cal., 37);
  • Cesare affermava di aver bisogno di 2500 sesterzi per non avere nulla, cioè solo per poter pagare i creditori (Appiano) e ne aveva spesi 1000 per edificare il foro (Plin, hn, 36, 15);




    Gioielli

  • Cesare regalò a Servilia, madre di Bruto, una perla da sessanta sesterzi (Suet, iul. 50).


    Vasi

  • Crasso acquistò vasi e suppellettili d'argento per 5000 sesterzi (Mart, ep. 7, 62, 4) ed anche due vasi d'oro, opera di Mentore, che pagò 1100 sesterzi (Plin. Hn, 33,11).




    Mobili

  • Esistenza di ... letti d'oro e d'argento, coi piedi d'onice (Plin, hn, 33,11);

  • Annio aveva circa trecento tavoli da pranzo (Mart, 7, 48).


    Veicoli

  • Esistenza di ... carrozze decorate d'argento e d'oro (SHA. Heliogab., 31 - Mart, ep. 3, 62, 6);

  • Poppea, moglie di Nerone, pretendeva gli zoccoli dorati per le mule della sua carrozza (Plin, hn, 33,3).


    Tesori ritrovati

  • Tesoro di Boscoreale, famoso anche per aver dato il nome a una particolare patina dell'oro, aveva un valore 102.000 sesterzi (in aurei);



  • La maggior parte dei ripostigli di Pompei, con monete in due o tre metalli, sono considerevolmente più piccoli, con valori tra i 1000 e i 3000 sesterzi; uno solo supera i 4000 ed un altro raggiunge i 9000 (Bodel, 2002).

  • Possiamo ancora ricordare i ripostigli di Parigi del 1860 e del 1867, con 1600 aurei il primo (Boulevard Saint-Michel) e 770 il secondo (Rue Clovis): utilizzando la tabella della monetazione che abbiamo inserito in apertura si vedrà che corrispondono, rispettivamente a 160.000 e 77.000 sesterzi (Mowat, 1879).




    Ma il sottosuolo, in tutta l'orbe, è sicuramente ancora ricchissimo di tesori: non aspettano altro che d'essere ritrovati, studiati, catalogati e... goduti!