Da cosa proviene il nome della "Cilicia"?
Agenore, figlio di Poseidone e di Libia. Fu Re dei Fenici ed ebbe molti figli dalla moglie Telefassa.
Quando Zeus, sotto forma di toro, gli rapì la figlia Europa, Agenore inviò i figli maschi alla sua ricerca ordinando loro di non tornare se non l'avessero trovata. Nessuno riuscì nell'impresa e non tornarono più a Tiro e fondarono varie città in Cilicia, a Tebe, a Taso ed in Tracia.
Telefassa, madre di Cilice, Cadmo, Fenice ed Europa, morì di dolore quando Europa fu rapita da Zeus sotto forma di un toro mansueto che spirava un profumo di croco (Apollodoro).
Geograficamente la Cilicia è formata da due zone: ad W la zona del Tauro centrale (oltre 3000 m), con valli profonde, poco popolata che si affaccia sul Mediterraneo con costa alta e poco accessibile. Ad E invece si trova una pianura alluvionale compresa tra le foci dei fiumi Seyhan e Ceyhan.


La Cilicia con le antiche città più importanti

Popoli giunti dall'Occidente la popolarono fin dal Paleolitico. Durante l'impero ittita (1740-1200 a.C.), la Cilicia costituì un protettorato e conservò la sua indipendenza (trattato tra il suo Re Sunassura ed il Re degli Ittiti Muwatalli - 1306-1282). Alla caduta dell'impero Ittita e con l'insediamento dei Moschi a N del Tauro (IX° sec. a.C.), il paese cadde sotto il dominio assiro. Salmanassar III° (858 - 824) invase la Cilicia (in assiro Que) e fu annessa all'Impero sotto l'autorità di un Governatore. L'esercito assiro, che teneva la Cilicia come punto di partenza per la conquista della zona del Tauro, invano spesso tentata, operò frequenti deportazioni della popolazione in Babilonia, deportando invece in Cilicia parte degli ebrei sconfitti in Samaria da Sargon II° (721 a.C.).
Dopo essere stata invasa dai Cimmeri, la regione passò sotto il dominio persiano (546-333 a.C.) e fu annessa alla satrapia della Cappadocia.
Crocevia dei mondi anatolico, greco e semitico, la Cilicia è varia nei suoi paesaggi, nelle sue culture e nei suoi poteri. Mantenendo questa pluralità e riconoscendo l'attività dei dinasti locali, i Grandi Re achemenidi furono i primi a riunire diverse componenti della Cilicia in seno ad un'unica entità amministrativa.
Se rimane pressocché impossibile datare l'integrazione della Cilicia all'Impero di Ciro il Grande, le fonti classiche permettono di comprendere l'avvenimento e di situarlo tra la campagna di pacificazione della Caria, di poco posteriore alla presa di Sardi nel 546 a.C. (Senofonte, Ciropedia VII, 4), e la sottomissione di Babilonia nel 539 a.C. (Senofonte, Ciropedia VII, 6).
Da allora la regione non cessa di partecipare alle diverse e numerose campagne militari ordinate dal Gran Re tanto verso l'Ovest greco che verso il Sud cipriota, levantino e/o egizio.
Non c'è stata una vera e propria conquista persiana della Cilicia. Tra il periodo detto “neo-babilonese” e l'epoca achemenide, c'è pure continuità, almeno se si considera l'esistenza di certi poteri locali tra i quali la dinastia tarsiota dei Synnesis che le fonti classiche (Erodoto, Ctesias, Senofonte, Eschilo) fanno apparire dal 585 al 401 a.C.
La Cilicia ebbe dei dinasti ereditari presso i quali il nome di Synnesis torna assai di frequente.
Erodoto menziona, dai tempi di Cyaxare, un principe cilicio chiamato Synnesis. Più tardi, verso l'anno 500, sotto Dario scrive di un altro Synnesis, Re di Cilicia.
Segue una lacuna che si estende fino alla ritirata dei Diecimila, ed allora ritroviamo come dinasta un Synnesis che appartiene evidentemente alla famiglia reale. Questo Synnesis si rese celebre per la sua doppiezza: inviò, nel 401, sua moglie Epyaxa ed uno dei suoi figli a ricercare l'amicizia di Ciro il Giovane, allorché contemporaneamente mandava presso Artaserse II° un altro dei suoi figli per avvertirlo dei progetti di Ciro.
Ignoriamo se i suoi figli gli succedettero e la sequenza dei governatori della Cilicia continuò senza interruzioni per quasi mezzo secolo, fino a che, verso il 361, Mazeus divenne satrapo di questa provincia.

L'ampiezza e la profondità della dominazione territoriale persiana in Cilicia sono generalmente sottovalutate. Si deve innanzitutto sottolineare che l'utilizzo del termine “Cilicia” conferisce artificialmente un'unità politica ad una regione all'interno della quale , senza alcun dubbio, s'annidavano numerosi statuti differenziati (Diodoro XIV, 19.3: tyrannoi). Gli autori classici ed ellenistici amano sottolineare l'opposizione tra la costa e la montagna cilicia. E' quello che afferma Strabone (XIV, 5.1) distinguendo la "Cilicia Pedias" e la "Cilicia Trachea", la prima andando da Soloi a Tarso ed Isso.
La dominazione persiana sulla costa è abbondantemente attestata dalla fine del VI° secolo, periodo nel quale si dispongono basi militari ed arsenali reali.

Conquistata da Alessandro Magno, all'epoca dei Diadochi passò agli Ariarati di Cappadocia rimanendo ad essi fino alla conquista romana. Fu Provincia romana dal 102 a.C. al III° sec d.C. quando passò sotto l'impero romano d'Oriente, poi sotto l'Impero bizantino, al quale rimase fino alla conquista ottomana (XIII sec.).

A tutt'oggi il paese risulta estremamente interessante in campo archeologico per le sue antichità ittite, persiane, ellenistiche, romane e bizantine.

In particolare ci occuperemo della Cilicia da un p.to di vista numismatico del periodo persiano fino alla conquista romana con qualche esempio.

A completamento di quanto sopra, ecco un interessante brano di Senofonte - Anabasi 1.2.21-23:

[21] Da qui [Ciro il Giovane ndr] cercò di passare in Cilicia. L'accesso era consentito da una strada carrabile sì, ma fortemente in salita, che rendeva impossibile il transito a un esercito, se qualcuno lo ostacolava. Si diceva anche che Siennesi fosse sulle alture e stesse sorvegliando il passaggio. Perciò Ciro rimase un giorno nella pianura. L'indomani giunse un messaggero a comunicare che Siennesi aveva abbandonato le alture, non appena era venuto al corrente che l'esercito di Menone stava ormai al di là dei monti, in Cilicia, e gli era giunta voce che Tamo, veleggiando dalla Ioniaverso la Cilicia, era in arrivo con triremi di Sparta e di Ciro stesso. [22] Ciro allora salì sui monti senza trovar nessun ostacolo e vide le tende dove i Cilici avevano montato la guardia. Poi scese in una pianura grande e bella, ricca di acque, folta di alberi di ogni specie e di viti: produce in abbondanza sesamo, miglio, panìco, frumento e orzo. Monti inespugnabili e altissimi la circondano su tutti i lati, da mare a mare. [23] Disceso dunque in questa pianura, percorse in quattro tappe venticinque parasanghe fino a Tarso, grande e prospera città della Cilicia, dove sorgeva la reggia di Siennesi, [re dei Cilici].

ed un capitoletto indicativo su "Le Porte Cilicie"

Ogni armata in movimento da nord a sud (come quella del ribelle persiano Ciro il Giovane nel 401, Alessandro Magno nel 333 o quella di Settimio Severo nel 194), era prima costretta a prendere le Porte Cilicie, ma poi doveva muoversi attraverso lo stretto canyon del fiume Tarso. Anche oggi questa parte del viaggio è estremamente difficile, perché i soldati dovevano camminare su piccole, pietre aguzze. I crociati le chiamarono “Porte di Giuda”.
L'alternativa è prendere una strada più alta, la quale costringe gli invasori a fare una larga deviazione. Un'ulteriore indicazione della difficoltà di forzare le Porte cilicie viene anche da tempi più recenti: il 28 maggio 1920, cinquecento soldati francesi furono fermati da quaranta turchi.