L'ASSEDIO






PREMESSA: IL BASTIONE CARNOT.

La storia dell’assedio di Anversa del 1814 non può essere compresa se si prescinde dalla figura di Lazzaro Carnot, il rivoluzionario matematico, cui fu affidato da Napoleone il governo della piazzaforte e che ne costituì il più valido bastione.
Un Carnot è conosciuto come matematico e un altro come rivoluzionario, ma non tutti sanno che si tratta della stessa persona.
Nato nel 1753, entrò a far parte, trentatreenne, del comitato di salvezza pubblica. Organizzò con celerità ed efficienza la difesa della Francia rivoluzionaria alla frontiera del Nord ed all’interno, intervenendo con feroce determinazione in Vandea.
Prese parte personalmente alle operazioni di difesa di Mauberge (piazzaforte costruita dal Vauban), alla battaglia di Fleurus e a quella di Wattignies, durante l’attacco alla Francia da parte delle forze della prima coalizione.
Membro del Direttorio fu tra gli artefici del piano di guerra che portò Napoleone alle sue prime vittorie in Italia.
Si oppose però al potere personale di Napoleone, coerentemente alle sue idee repubblicane e rivoluzionarie. Continuò ugualmente a collaborare con lui per la sua guerra. Lo fece nel 1810 con un libro intitolato: "La difesa delle piazzeforti". In esso proponeva delle soluzioni di archiettura militare consone ai tempi, che si discostavano però in parte dalle dottrine e dagli esempi del Vauban. Esse furono effettivamente messe in pratica.
Il 20 gennaio del 1814, di fronte alla minaccia degli alleati, offrì i suoi servigi all’Imperatore e accettò la nomina a governatore di Anversa, che fu assediata.
Era il suo primo impegno militare dopo la vittoriosa battaglia di Wattignies. Durante i Cento Giorni fu ministro dell’Interno e, con la definitiva vittoria dei Borboni, fu esiliato. Come matematico e fisico viene ricordato per le sue Riflessioni sulla metafisica del calcolo infinetisimale, per il quadrilatero di Carnot (piano e completo), e per il suo Teorema, che mostra la relazione tra i lati di un un triangolo e l’angolo compreso tra due di essi.
Nel 1809 egli aveva pubblicato un "Traité de la défense des palaces fortes", in cui sosteneva l'importanza della fortificazione permanente, pur innovando, rispetto alla tradizione, alcuni procedimenti d'impiego e alcune forme strutturali. Era noto il suo detto: "una piazzaforte ben costruita e ben difesa vale come un'armata di 100.000 uomini.".


L’ASSEDIO

Nel quadro della situazione generale analizzata al capitolo precedente, Napoleone si vide costretto a pensare alla difesa. Egli aveva basato tutte le sue campagne sul movimento e solo dal 1810 aveva rivalutato il ruolo della fortificazione permanente nella sua funzione di perno per la manovra delle forze in movimento.
Non aveva mai trascurato l'importanza di Anversa, che considerava come "una pistola puntata conto l'Inghilterra". Ora era anche costretto a considerarne le potenzialità difensive. Già nelle sue lettere dell'agosto 1809, inviate da Schönbrunn a Clarke e a Fouché, esprimeva grande interesse per Anversa, impartendo ordini affinchè la città fosse fortemente guarnita, e li sollecitava all'azione di fronte alla minaccia inglese.
In quell'occasione era stato restaurato il muro di cinta della citta' ed era iniziata la costruzione di caposaldi esterni: ma tutto procedeva a rilento. Le opere portuali erano prive di difesa e potevano compromettere l'integrità della città stessa.
Nei primi mesi del 1814 l'Imperatore si rese conto che la piazzaforte sulla Schelda avrebbe potuto proteggere le posizioni difensive del Belgio e della stessa Francia, e credeva che la grave situazione avrebbe potuto essere ancora una volta ripresa in mano dalle sue truppe. Ordinò al generale Maison di rischierarsi su Anversa, che entrò a far parte di quel Corpo d'Armata. La piazzaforte, quando vi giunse Carnot, il 2 febbraio del 1814, era da alcuni mesi al comando del generale Lebrun, il quale aveva trovato opposizione tra i suoi ufficiali e tra le autorità portuali. Carnot lo sostenne nelle sue iniziative di rafforzamento e di organizzazione della difesa. La funzione di Carnot, in tutto il periodo dell'assedio fu essenzialmente di organizzazione e gestione amministrativa. Egli coordinò le forze di terra con quelle della squadra navale, al comando dell'ammiraglio Missiessy; istituì un "consiglio di difesa", curò la consistenza delle scorte alimentari, espulse gli stranieri, provvide all'alimentazione dei poveri della città, al miglioramento delle razioni e dell'equipaggiamento.
A titolo di curiosità possiamo ricordare come egli stesso abbia progettato degli impianti di dissalazione da utilizzare nel caso fosse venuta a mancare l'acqua potabile.
Nell'area della città vi sono 6000 soldati. 3700 di essi si trovano all'interno della piazzaforte. Il reparto più affidabile è la I divisione della Guardia Imperiale, al comando del generale Roguet. Per il resto sono in maggior parte coscritti, privi di esperienza militare e per di più Belgi, che sperano nella vittoria degli Alleati e nella sconfitta dei Francesi.
Considerando le truppe schierate sul campo, in tutta la regione vi sono 18.000 effettivi, ma le uniche unità valide sono la divisione della Guardia e quelle della Marina, che contano 2000 uomini in tutto, soprattutto artiglieri, dei quali c'egrave; gran bisogno in città, più che a bordo. In porto ci sono diciassette navi da guerra, ma solo dieci sono armate al punto di poter contribuire alla difesa.
Di giorno in giorno la pressione nemica si fa più incisiva. Carnot stesso, durante una visita alle posizioni difensive esterne, il giorno successivo al suo arrivo, viene sorpreso da un bombardamento, che durerà ben tre giorni. In questa occasione il nemico spara più di mille colpi di artiglieria. Vengono tuttavia colpite in modo non grave solo alcune delle navi: La César, la Charlemagne e la Conquérant.
La gestione della città ed il soldo dovuto alle truppe provocano, come in ogni assedio, la necessità di dover battere moneta. In un primo tempo viene utilizzato il bronzo e il rame degli arsenali portuali, poi si fonderanno anche le campane.
Von Bülow, che comanda gli assedianti, scrive a Carnot cercando di far leva sulla sua antica ostilità verso l'impero napoleonico, ma senza ottenere alcun successo; Carnot, nella sua risposta del 18 febbraio 1814, con estrema gentilezza, gli ricorda che i difensori al suo comando sono bene armati "non solo contro la forza militare ma anche contro le lusinghe".
Il governatore si occupa anche di rinvigorire il morale degli assediati, come il 16 febbraio, con una parata, una messa solenne ed un pranzo di gala.
Ma queste trovate servono a poco: gli alleati stanno ottenendo importanti successi militari ed occupano il Belgio. La popolazione di Anversa nicchia di fronte all'imposizione fiscale, i soldati belgi ed i fiamminghi in particolare, disertano sempre più numerosi. Non vi sono né aiuti, né comunicazioni dalla Francia.
Carnot, ormai sessantenne, per dare l'esempio, percorre ogni mattina a cavallo, le strade della città ispeziona le fortificazioni; di tanto in tanto ordina delle sortite.
Il 27 febbraio era sul punto di catturare un reparto di granatieri sassoni, ma si dovette accontentare della cassa e del bottino; i prigionieri gli sfuggono.
Un tentativo di ricongiungersi alle forze del generale Maison per rompere l'accerchiamento fallisce nonostante l'impiego di 4000 soldati nella sortita.
Si diffondono anche le malattie, tipica piaga di ogni assedio: gli uomini validi sono ormai soltanto pochi. In un mese vi sono stati quasi 500 decessi per malattia. All'ospedale militare di Rue du Prince e a quello della Marina di Place de Meir vengono affiancati due nuovi luoghi di cura: uno all'interno della Cittadella, l'altro nel convento dei Minori, poi trasformato in Museo.
In marzo la situazione in Francia diviene di giorno in giorno sempre più grave, Napoleone ordina a Carnot di cedere al corpo d'armata di Maison tutte le sue forze, tranne i marinai. Di fronte alla forte protesta di Carnot, Maison gli lascia due battaglioni di fanteria ed un gruppo d'artiglieria.
Anche i viveri cominciano a essere razionati.
Il 27 marzo, un parlamentare inglese comunica la sconfitta della Francia, poi giunge anche la notizia che il 4 aprile è caduta Parigi.
Carnot rifiuta comunque di arrendersi, in assenza di comunicazioni da parte di un qualsivoglia governo francese legittimo, e scrive al nuovo Ministro della Guerra dandogli del traditore e affermando che prima si è voluta eliminare l'anarchia con la tirannide, ora si vuole eliminare la tirannide con l'anarchia, e spiega così, anche i posteri, i motivi del suo recente sostegno a Napoleone. L'11 aprile, dei corrieri portano la notizia dell'armistizio e dell'abdicazione dell'Imperatore, ma nessun ordine ufficiale.
Il giorno seguente giungono nuovi dispacci dal nuovo ministro della guerra, Dupont. Carnot è invitato ad aderire al nuovo governo provvisorio ed a mettere le proprie forze a disposizione. Il nuovo sovrano è un Borbone, Luigi XVIII.
Carnot, i rivoluzionari e i bonapartisti esitano; altri vorrebbero fosse immediatamente firmato l'atto di adesione al governo provvisorio e di fedeltà al fratello di Luigi XVI.
Possiamo immaginare quanto un tale giuramento e l'adesione a quel Sovrano potesse pesare a Lazzaro Carnot, il rivoluzionario che aveva combattuto per la Rivoluzione e per la Repubblica e votato a favore della decapitazione!
Il consiglio di difesa è diviso sul da farsi; ma Carnot prende in mano la situazione e decide di concludere un armistizio con gli Inglesi che circondano Anversa. La guarnigione riconoscerà la sovranità di Luigi XVIII. Il 17 aprile, viene innalzato il vessillo bianco della monarchia. Sulle monete ossidionali la N dell'Imperatore deposto viene sostituita dalle due L corsive affrontate e intecciate del monogramma di Luigi Capeto. Tra la metà di aprile ed i primi giorni di maggio vengono coniati 52.760 pezzi.
Carnot riesce a non firmare personalmente l'armistizio e delega a ciò i militari. Redige un rapporto dettagliato e poi prende congedo dalla città, che lascia il 3 maggio.